Immaginate di voler visionare un bilancio o i dettagli di una gara d’appalto, di spedire un modulo, di chiedere al Comune come sono stati spesi i vostri soldi o, molto più banalmente, di contestare o pagare una multa. Potete affrontare file chilometriche con le tasche piene di spiccioli, banconote e pazienza. Oppure potete accendere il computer e ottenere il tutto subito e con un click. La seconda opzione si chiama Agenda Digitale. Ed è quello che manca all’Italia.
Le elezioni si avvicinano, ma negli interminabili dibattiti elettorali dell’argomento quasi non si trova traccia. E non è un caso che l’Italia sia in forte ritardo nell’attuazione dell’Agenda digitale, un’iniziativa europea avviata nel 2010 e con precisi obiettivi da attuare entro il 2020.
L’ADI (Agenda Digitale Italiana) è nata soltanto nel 2012, quando il governo Monti ha approvato il decreto sviluppo 2.0. Tra i tanti buoni propositi ci sono la creazione di un documento digitale unico e la digitalizzazione di ampi settori del Pubblico.
Un passo in avanti, considerando che prima c’era il nulla o quasi. Ma c’è il rischio di costruire un’autostrada che rimarrà semideserta perché nessuno possiede l’auto adeguata, la benzina scarseggia e la sbarra al casello di ingresso è bloccata.
Secondo gli ultimi dati Eurostat (2012), solo il 55 per cento delle famiglie italiane ha accesso alla banda larga. Quasi 4 persone su 10 non si sono mai nemmeno connesse a Internet. Detto in altri termini, se si costruisce l’autostrada e una buona fetta della popolazione non ha la patente, bisogna ripartire dalla scuola guida.
E poi c’è il rischio di rimanere fermi al casello, perché manca una legge per un reale diritto all’accesso all’informazione, che aumenti i poteri dei cittadini nei confronti dello Stato, non lasciando soltanto nelle mani di quest’ultimo il diritto di decidere cosa va rivelato e cosa no.
Il 22 gennaio scorso il Governo ha introdotto un decreto ispirato al Freedom of information act americano, che però, a differenza del suo omologo a stelle e strisce, non dà al cittadino il potere di agire attivamente: una persona non può fare una domanda, se il suo interesse è semplicemente controllare l’operato della Pubblica Amministrazione. Per la cronaca, in India dal 2005 i funzionari pubblici sono obbligati a rispondere alle domande dei cittadini entro 30 giorni. E non è una questione digitale, l’accesso all’informazione si può ottenere anche su un pezzo di carta. Basta volerlo.
I pezzi di carta che mancano all’Italia sono diventati, nel frattempo, pezzi di bit. Si chiamano Open Data, dati consultabili da tutti: la base per una pubblica amministrazione trasparente e aperta alla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. Alcune di queste informazioni sono disponibili (dati.gov.it, ma anche alcuni portali regionali). Il problema è che questi insiemi di dati sono spesso non compatibili tra di loro. Insomma, qualcosa c’è, ma è difficilissimo da leggere e interpretare.
E allora come si fa? Siamo andati a controllare i programmi dei principali partiti e movimenti. Scelta civica – con Monti vorrebbe continuare il lavoro avviato nel 2012. Per il Partito Democratico è necessario adottare un vero Freedom of Information Act. Il Pdl ha un sito sull’agenda digitale, che rimanda a una proposta di legge presentata a marzo 2012 volta a facilitare l’avvio di nuove start up. La Lega Nord parla di fatturazione elettronica e agenda digitale per scuola e Pubblica Amministrazione. Il Movimento 5 Stelle propone la cittadinanza digitale per nascita e l’accesso alla rete gratuito per i cittadini italiani. Internet gratis anche nel programma di Rivoluzione Civile.
Le promesse e i buoni propositi sono tanti. Nel frattempo l’Agenda Digitale rischia di rimanere solo un progetto: per metterla in pratica servono 32 decreti attuativi. Chili di cellulosa, non di bit, slittati a data da definirsi e immersi per ora in un limbo che assomiglia sempre di più alla clessidra rotante di un vecchio computer in panne.
di Gianluca Martelliano e Iginio Gagliardone
Da Quattrogatti.info:
Quattrogatti.info
Il sito dell'informazione per tutti
Elezioni 2013 - 9 Febbraio 2013
Agenda digitale, i candidati alle elezioni sono pronti?
Immaginate di voler visionare un bilancio o i dettagli di una gara d’appalto, di spedire un modulo, di chiedere al Comune come sono stati spesi i vostri soldi o, molto più banalmente, di contestare o pagare una multa. Potete affrontare file chilometriche con le tasche piene di spiccioli, banconote e pazienza. Oppure potete accendere il computer e ottenere il tutto subito e con un click. La seconda opzione si chiama Agenda Digitale. Ed è quello che manca all’Italia.
Le elezioni si avvicinano, ma negli interminabili dibattiti elettorali dell’argomento quasi non si trova traccia. E non è un caso che l’Italia sia in forte ritardo nell’attuazione dell’Agenda digitale, un’iniziativa europea avviata nel 2010 e con precisi obiettivi da attuare entro il 2020.
L’ADI (Agenda Digitale Italiana) è nata soltanto nel 2012, quando il governo Monti ha approvato il decreto sviluppo 2.0. Tra i tanti buoni propositi ci sono la creazione di un documento digitale unico e la digitalizzazione di ampi settori del Pubblico.
Un passo in avanti, considerando che prima c’era il nulla o quasi. Ma c’è il rischio di costruire un’autostrada che rimarrà semideserta perché nessuno possiede l’auto adeguata, la benzina scarseggia e la sbarra al casello di ingresso è bloccata.
Secondo gli ultimi dati Eurostat (2012), solo il 55 per cento delle famiglie italiane ha accesso alla banda larga. Quasi 4 persone su 10 non si sono mai nemmeno connesse a Internet. Detto in altri termini, se si costruisce l’autostrada e una buona fetta della popolazione non ha la patente, bisogna ripartire dalla scuola guida.
E poi c’è il rischio di rimanere fermi al casello, perché manca una legge per un reale diritto all’accesso all’informazione, che aumenti i poteri dei cittadini nei confronti dello Stato, non lasciando soltanto nelle mani di quest’ultimo il diritto di decidere cosa va rivelato e cosa no.
Il 22 gennaio scorso il Governo ha introdotto un decreto ispirato al Freedom of information act americano, che però, a differenza del suo omologo a stelle e strisce, non dà al cittadino il potere di agire attivamente: una persona non può fare una domanda, se il suo interesse è semplicemente controllare l’operato della Pubblica Amministrazione. Per la cronaca, in India dal 2005 i funzionari pubblici sono obbligati a rispondere alle domande dei cittadini entro 30 giorni. E non è una questione digitale, l’accesso all’informazione si può ottenere anche su un pezzo di carta. Basta volerlo.
I pezzi di carta che mancano all’Italia sono diventati, nel frattempo, pezzi di bit. Si chiamano Open Data, dati consultabili da tutti: la base per una pubblica amministrazione trasparente e aperta alla partecipazione dei cittadini nei processi decisionali. Alcune di queste informazioni sono disponibili (dati.gov.it, ma anche alcuni portali regionali). Il problema è che questi insiemi di dati sono spesso non compatibili tra di loro. Insomma, qualcosa c’è, ma è difficilissimo da leggere e interpretare.
E allora come si fa? Siamo andati a controllare i programmi dei principali partiti e movimenti. Scelta civica – con Monti vorrebbe continuare il lavoro avviato nel 2012. Per il Partito Democratico è necessario adottare un vero Freedom of Information Act. Il Pdl ha un sito sull’agenda digitale, che rimanda a una proposta di legge presentata a marzo 2012 volta a facilitare l’avvio di nuove start up. La Lega Nord parla di fatturazione elettronica e agenda digitale per scuola e Pubblica Amministrazione. Il Movimento 5 Stelle propone la cittadinanza digitale per nascita e l’accesso alla rete gratuito per i cittadini italiani. Internet gratis anche nel programma di Rivoluzione Civile.
Le promesse e i buoni propositi sono tanti. Nel frattempo l’Agenda Digitale rischia di rimanere solo un progetto: per metterla in pratica servono 32 decreti attuativi. Chili di cellulosa, non di bit, slittati a data da definirsi e immersi per ora in un limbo che assomiglia sempre di più alla clessidra rotante di un vecchio computer in panne.
di Gianluca Martelliano e Iginio Gagliardone
Da Quattrogatti.info:
Il potere dei segreti
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Monti le elìtes e problemi reali
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Mondo
“Risoluzione Usa all’Onu non cita l’integrità ucraina”. Rubio: “Semplice e storica”. Mosca: “Una buona idea”. Voci al fronte: “Non sarà giusta, ma almeno sarà pace”
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
“Vendo io le borse Hermès false a Santanchè”. Perché ora la ministra del Turismo rischia davvero
Cronaca
Il Papa “ha riposato bene”. “Dimissioni? Sono speculazioni”. Le condizioni mediche: “Non è fuori pericolo, il vero rischio è la sepsi”
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Nessun tumore al cervello e nessuna infezione da polmonite batterica, come erroneamente riportato dalla Direzione sanitaria del Mar Rosso. Mattia è morto per un’emorragia causata da un aneurisma cerebrale e si esclude con certezza la presenza di altre patologie concomitanti. Questo quanto emerge dopo l'esame effettuato dall'Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine". Così l'avvocato Maria Virginia Maccari, che assiste i familiari di Mattia Cossettini, morto a 9 anni mentre si trovava in vacanza a Marsa Alam.
"Mattia era felicissimo della vacanza e fino a quella tragica escursione in barca non aveva manifestato alcun sintomo, nemmeno un raffreddore. Tanti sorrisi fino all’ultimo momento, allegro come tutti lo conoscevano, ma durante l’escursione in barca non c’è stata nessuna possibilità di chiamare o di ricevere i soccorsi. Secondo i genitori vi è stata sicuramente una sottovalutazione del quadro clinico iniziale; c’è poi stato un errore di refertazione da parte dei medici dell’ospedale generale governativo di Marsa Alam, che hanno interpretato la Tc senza intervenire poi su Mattia per l’assenza di attrezzature, tenuto solamente in osservazione mentre i sanitari stimavamo le più svariate patologie, dal diabete alla broncopolmonite, citando addirittura il Covid come causa di un’ossigenazione bassa quando invece Mattia non aveva neanche la tosse", spiega.
"Rimasto invece su una lettiga di ospedale, con il cuscino della camera del resort, mentre i genitori tentavano invano un trasferimento presso un altro ospedale. La famiglia sta ancora approfondendo gli aspetti relativi all’incidenza di una corretta e tempestiva diagnosi, ma quello che emerge è la necessità di sensibilizzare il Governo egiziano per favorire protocolli nella gestione delle emergenze sanitarie nella zona del mar Rosso. Il primo ospedale attrezzato è situato a circa tre ore di auto e - sottolinea - non sono disponibili mezzi di trasporto rapidi per raggiungerlo. Probabilmente sarebbe sufficiente un piccolo contributo economico da parte delle numerosissime strutture alberghiere per garantire un servizio sanitario adeguato, oppure realizzare un eliporto per trasferire i pazienti gravi, raggiungendo un luogo idoneo. Si stima la presenza di circa quindici milioni di italiani in Egitto ogni anno, di cui un terzo circa nella zona del Mar Rosso".
"Nonostante tutte le immersioni subacquee effettuate in zona, anche una 'semplice' embolia polmonare diventerebbe critica a causa dell’assenza nelle vicinanze di una camera iperbarica. In alcune situazioni potrebbe fare la differenza anche la refertazione a distanza, facilmente possibile con l’utilizzo della telemedicina e nel caso di Mattia si sarebbe molto probabilmente evitata l'errata interpretazione delle immagini della Tc, fatto che ha di certo avuto un peso psicologico importante sui genitori. Non è chiaro se il tempo perso, dai primi sintomi interpretati in modo superficiale dai medici, all’incapacità di intervenire in modo attivo presso l’ospedale di Marsa Alam, potessero cambiare l’esito della vicenda. È però evidente come, qualsiasi necessità sanitaria improvvisa, che possa essere clinicamente complessa ma che nel nostro contesto sociale risulti gestibile, le possibilità di sopravvivenza in una zona così turistica e famosa siano sorprendentemente scarse. I genitori di Mattia, Marco e Alessandra, si augurano che la morte di loro figlio possa servire ad avviare questo adeguamento sanitario in Egitto per il bene dí tutti gli altri turisti italiani, non consapevoli della situazione fatiscente che potrebbero scoprire appena varcate le mura dei lussuosi resort", conclude.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Milano, 21 feb. (Adnkronos) - Con una produzione dal valore di 277 milioni di euro nel 2023, la Lombardia è la quarta regione italiana più rilevante nel comparto florovivaistico. E' quanto afferma la Coldiretti regionale, sulla base del primo Rapporto nazionale sul settore realizzato dal centro studi Divulga e da Ixe’ con Coldiretti, in occasione della giornata conclusiva di Myplant&Garden, una delle più importanti manifestazioni internazionali per i professionisti delle filiere del verde in corso a Rho Fiera Milano.
In Lombardia, precisa la Coldiretti regionale su dati Registro delle Imprese, sono oltre 2.500 le aziende florovivaistiche, a cui vanno aggiunte quelle che si dedicano alla cura e alla manutenzione del paesaggio, per una filiera del verde lombarda che in totale può contare su più di 7.900 imprese. Sulla base del rapporto Divulga/Ixè, nel 2024 il florovivaismo Made in Italy ha raggiunto il valore massimo di sempre a quota 3,3 miliardi di euro, grazie anche al traino dell’export che chiuderà l’anno a 1,3 miliardi, ma sulle aziende nazionali pesa oggi la difficile situazione internazionale, a partire dalla guerra in Ucraina. Proprio a causa del conflitto, le aziende hanno subito un aumento dei costi del +83% per i prodotti energetici e del +45% per i fertilizzanti rispetto al 2020, oltre a un +29% per altri input produttivi quali sementi e piantine.
Costi in progressivo aumento, che ancora fanno fatica ad essere riassorbiti, tanto più se si considera la concorrenza sleale che pesa sulle imprese tricolori a causa delle importazioni a basso costo dall’estero, dove non si rispettano le stesse regole in termini di utilizzo dei prodotti fitosanitari, ma anche di tutela dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente.
Non va poi trascurato, avverte Coldiretti, l’impatto dei cambiamenti climatici: secondo il rapporto Divulga/Ixe’ due aziende agricole su tre (66%) hanno subito danni nell’ultimo triennio a causa di eventi estremi, tra grandinate, trombe d’aria, alluvioni e siccità che a più riprese hanno interessato il territorio nazionale. Il risultato di tutti questi fattori è che più di un terzo delle aziende florovivaistiche italiane denuncia difficoltà economiche.
Un quadro dinanzi al quale Coldiretti chiede misure di sostegno alle imprese per contrastare i cambiamenti climatici che, oltre agli eventi estremi, hanno moltiplicato le malattie che colpiscono le piante, spesso peraltro diffuse a causa delle importazioni di prodotti stranieri.
Ma serve anche puntare sulla promozione dei prodotti 100% Made in Italy, mettendone in risalto l’elevato valore ambientale, oltre che gli effetti positivi dal punto di vista della salute e della lotta all’inquinamento. Importante anche una maggiore considerazione per il settore all’interno della Politica agricola europea e, di riflesso, nelle politiche di sviluppo rurale.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - Gli ostaggi israeliani Eliya Cohen, Omer Shem Tov e Omer Wenkert sono stati trasferiti alla Croce Rossa Internazionale dopo essere saliti sul palco a Nuseirat, nel centro di Gaza, prima del rilascio da parte di Hamas.
Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - "In Italia sono sempre più giovani medici attratti dalla ginecologia oncologica: questa specializzazione conta bravi chirurghi intorno ai 45 anni, in Italia sono circa 50, tra cui molte donne. E loro saranno tra i protagonisti domani del simposio 'Innovation in Gyn Onc', appuntamento voluto dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia all’interno di Esgo", European Gynaecological Oncology Congress, in corso fino a domenica a Roma (Hotel dei Congressi all’Eur). Così all’Adnkronos Salute Vito Trojano, presidente di Sigo alla vigilia del meeting all’interno del Congresso Esgo 2025, un'esperienza formativa con oltre 50 sessioni scientifiche che in questa tre giorni di lavori presentano gli ultimi sviluppi medici e scientifici nella ricerca, nel trattamento e nella cura dei tumori ginecologici, tenuti da esperti di fama mondiale.
"Sarà una giornata molto importante perché non solo è un connubio fra la Società europea di ginecologia oncologica e la Sigo – spiega Trojano – ma perché dedicata alle nuove generazioni. Obiettivo: poter fare in modo che la Ginecologia oncologica sia sempre più attrattiva e di interesse per i giovani che aspirano a fare i medici".
Tra i temi al centro del simposio, nuove proposte per la vaccinazione e lo screening del cancro cervicale, prevenzione del cancro ovarico oltre la chirurgia, medicina di precisione in oncologia ginecologica, novità dalla biopsia liquida, algoritmi terapeutici nel carcinoma ovarico di prima linea, efficacia e sopravvivenza a lungo termine con gli inibitori di Parp. E ancora: la salute digitale in oncologia ginecologica, telechirurgia, telesonografia, teleconsulenza e Hipec (chemioterapia ipertermica intraperitoneale) in oncologia ginecologica. "Ampio spazio sarà dato ovviamente alle nuove terapie mediche, alle tecniche chirurgiche e all’Intelligenza artificiale con cui i futuri chirurghi si addestrano e si formano", conclude Trojano.
Gaza, 22 feb. (Adnkronos) - A Nuseirat, nel centro della Striscia di Gaza, verranno rilasciati tre ostaggi (Omer Shem Tov, Eliya Cohen e Omer Wenkert) rapiti il 7 ottobre, anziché quattro come si pensava in precedenza. Il quarto ostaggio, Hisham al-Sayed, rapito nel 2015, verrà liberato in un altro luogo e senza una cerimonia pubblica. I veicoli della Croce Rossa sono presenti a Nuseirat, ma sembra che ci potrebbe essere ritardo nella consegna.