Nella relazione annuale della authority per l'energia vengono descritti 199 casi in cui le aziende assoggettate al pagamento dell'addizionale Ires avrebbero "traslato" sul cliente finale il costo della tassa. Non ci sarà, tuttavia, nessuna sanzione, immediata, perché l'autorità non dispone dei poteri necessari
Un miliardo e 600 milioni di incremento dei margini degli operatori non dovuti dai consumatori. E’ questo il sospetto dell’authority per l’energia che, nel suo rapporto annuale ha segnalato 199 casi sospetti, di incremento dei margini ‘dovuti all’effetto prezzo e tali da costituire una possibile violazione del divieto di traslazione’. Il riferimento è a quelle aziende che, pagando la Robin tax, potrebbero averne “scaricato” il costo sul consumatore.
L’Autorità è tenuta per legge a svolgere l’attività di vigilanza in merito alla cosiddetta Robin Tax, vale a dire l’addizionale Ires a carico delle imprese energetiche dal giugno del 2008, che non può essere ‘traslata’ sui consumatori, e quindi né in bolletta né, per esempio, sulla benzina o il gasolio. La legge vieta infatti esplicitamente alle imprese “di traslare l’onere della maggiorazione d’imposta sui prezzi al consumo” a affida proprio all’Autorità per l’energia elettrica e il gas il compito di vigilare “sulla puntuale osservanza della disposizione”.
Nella Relazione al Parlamento licenziata il 24 gennaio scorso l’Autorità evidenzia invece un quadro fortemente critico, in cui appare evidente che molte imprese violano questo divieto. Nel corso dell’attività di vigilanza svolta lo scorso anno sui dati relativi al 2010, infatti, l’Autorità ha trovato 199 operatori (sui 476 totali), di cui 105 appartenenti al settore dell’energia elettrica e gas e 94 a quello petrolifero, in cui “è stata riscontrata una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale riconducibile, almeno in parte, alla dinamica dei prezzi”. Insomma, per l’Autorità “è ragionevole supporre che, a seguito dell’introduzione dell’addizionale Ires, gli operatori recuperino la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i prezzi di vendita”. In parole povere, il sospetto è che venga infranto proprio il divieto di traslazione, con il quale si comporta “uno svantaggio economico per i consumatori finali”.
L’Autorità, che come chiarito dal Consiglio di Stato non dispone di poteri sanzionatori in questo campo, si spinge a calcolare l’ammontare dei margini teoricamente accumulati facendo leva anche sull’effetto prezzo. Nel secondo semestre 2010 per le aziende elettriche e del gas si tratta di una somma pari a circa 0,9 miliardi di euro in più rispetto al corrispondente periodo pre-tassa, mentre per quelle petrolifere la cifra è appena più bassa e pari a circa 0,7 miliardi di euro. In sostanza, i consumatori sarebbero stati ‘appesantiti’ di 1,6 miliardi di euro. Nel 2011 la Robin Tax è stata una ottima fonte di reddito per lo Stato, che ne ha incassato 1,457 miliardi di euro, 930 milioni in più rispetto all’esercizio precedente: una somma che è stata raggiunta grazie all’incremento dell’aliquota, all’estensione del tributo alle rinnovabili e alle società della rete (Snam, che ha contribuito per 104 milioni, e Terna, per 81 milioni) e alla modifica di alcuni parametri di applicazione. Il contribuente maggiore è stato il gruppo Enel, con la sola Distribuzione che ha versato 312 milioni di euro.