”E’ tutto secretato, non possiamo dirvi niente”. Queste le uniche parole dell’avvocato Franco Coppi, uno dei legali dell’ex dg di Banca Monte dei Paschi di Siena Antonio Vigni, al termine del lunghissimo interrogatorio del suo assistito davanti ai pm titolari dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps. Ai giornalisti Vigni non ha detto niente, ma visto che anche oggi ha trascorso quasi 8 ore con i magistrati, dopo le 8 di mercoledì scorso, a loro deve aver risposto. Tutto secretato non sarà invece per la vicenda dei Monti bond, visto che sempre oggi il Tar del Lazio ha imposto al ministero dell’Economia di depositare entro il 20 febbraio tutti gli atti relativi all’emissione dei Monti bond.
Tante le domande che i pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso dovevano rivolgere all’ex dg. Tante, anzi tantissime, visto che lui è l’uomo che dal giugno 2006 al 12 gennaio 2012, insieme al suo presidente Giuseppe Mussari (di cui era l’uomo di fiducia), ha guidato il Monte. Sulla sua scrivania sono passate tutte le carte dell’acquisizione di Antonveneta e, quasi certamente, anche quelle delle operazioni Santorini e Alexandria, i derivati che sono nelle casse del Monte, che ora riguardano un altro filone dell’inchiesta dove sono coinvolti anche l’ex capo dell’area Finanza Gianluca Baldassarri, il suo vice Alessandro Toccafondi e tre intermediari, a cui due giorni fa sono stati sequestrati circa 40 milioni di euro.
Quello di oggi, tra l’altro, almeno nelle prime due ore, secondo quanto trapelato, è stato quasi un confronto: in una stanza c’era Vigni e i suoi legali (con Coppi erano presenti anche Roberto Borgogno ed Enrico De Martino), mentre in una stanza vicina gli inquirenti hanno ascoltato Alessandro Daffina, rappresentante in Italia di Rothschild e incaricato nell’agosto 2007 dal Santander di Emilio Botin di vendere Antonveneta. Daffina, ascoltato come persona informata dei fatti, stamani è arrivato intorno alle 9 poco prima che da Roma arrivassero a Siena anche il generale Giuseppe Bottillo e gli uomini del Nucleo di Polizia valutaria, che da mesi ormai fanno avanti e indietro con con la città toscana.
A Daffina, che poi è riuscito a dribblare i giornalisti, gli inquirenti hanno chiesto ulteriori spiegazioni della trattativa da lui condotta, come ricostruito dalla Gdf negli atti ora al centro dell’inchiesta. Del resto è proprio lui che nell’ottobre 2007 spedisce una mail a Mussari con una bozza di lettera da inviare a Emilio Botin, presidente del Santander che poco tempo prima aveva acquistato per 6,6 miliardi di euro Antonveneta da Abm Amro e che a novembre la rivenderà al Monte per oltre 9 miliardi. “Caro presidente – si legge nella bozza della lettera che non è chiaro se poi Mussari abbia spedito -, alla fine di agosto sono stato contattato da Rothschild che mi ha ipotizzato la possibilità che Banco Santander possa dismettere Banca Antonveneta. Rothschild mi ha anche detto che lei preferisce non essere contattato direttamente sull’argomento tuttavia, visto che ho avuto il piacere di conoscerla, volevo comunicarle che questa opportunità avrebbe un’importanza straordinaria per il Monte dei Paschi e che pertanto godremmo del pieno supporto dei nostri azionisti”. Poi Daffina suggerisce a Mussari, e su questo i magistrati avranno voluto ulteriori conferme anche da Vigni, di assicurare a Botin oltre al “mantenimento della confidenzialità” anche la “rapidità del processo decisionale da parte nostra. Infatti, al contrario di altri possibili interlocutori, posso dirle che conosciamo estremamente bene Banca Antonveneta”, e per questo il Monte sarebbe stato in grado “di chiudere l’operazione in tempi molto rapidi e con piena soddisfazione reciproca”. Sui tempi rapidi Daffina, qualche giorno fa, in un’intervista aveva confermato che questa era l’indicazione del presidente del Santader, oltre al fatto che quest’ultimo non voleva sentir parlare di “due diligence”.
Una vicenda quella del Monte che potrebbe aprire anche nuovi fronti dopo la decisione del Tar del Lazio che ha intimato al ministero dell’Economia di depositare sollecitamente “ogni e qualsiasi atto, nessuno emesso dalle Autorità e/o Organi nazionali e comunitari” che si riferisca alla vicenda del via libera ai cosiddetti “Monti-Bond” per 3,9 miliardi in favore di Monte dei Paschi di Siena. Al Tar aveva fatto ricorso il Codacons e Bankitalia si era opposta significando che alcuni di quegli atti sono coperti da segreto d’ufficio. Il presidente della terza sezione del tribunale amministrativo Franco Bianco, vuole vederli entro il 20 febbraio, prima che tutte le parti interessate con il ricorso compaiano dinanzi al Collegio il 20 febbraio “per fornire chiarimenti sui punti controversi messi in discussione dal ricorso”. Una decisione che potrebbe creare qualche altro problema al Monte.