Dodici mesi fa lo scoop del Fatto sul mordkomplot e sulle condizioni del Papa. Oggi le dimissioni legate "all'esame di coscienza sulle sue forze", come detto da padre Lombardi in conferenza stampa. Dietro alla rinuncia di Benedetto XVI una condizione fisica ormai compromessa. In un libro del 2010 l'ipotesi: "Se un pontefice non è in grado ha il diritto e anche l'obbligo di lasciare"
“Motivo fondamentale è l’esame di coscienza sulle sue forze in rapporto al ministero da svolgere”. Con queste parole padre Lombardi, portavoce della Santa Sede, ha spiegato in conferenza stampa la rinuncia di Benedetto XVI al soglio papale. Di fatto quindi, lo stesso portavoce del Vaticano ha dato riscontro alle voci che cercano una motivazione di questo gesto senza precedenti – se non quello di Celestino V – nelle condizioni di salute di Joseph Ratzinger. Anche se lo stesso Lombardi ha negato l’esistenza di una “malattia specifica”. “Avendolo incontrato spesso in queste ultime settimane posso dire di non aver mai notato segni di depressione in Benedetto XVI – ha detto – credo che tutti possano essere tranquilli sulla piena libertà con la quale ha preso la sua decisione. Non risulta – ha aggiunto – nessuna malattia in corso che influisca sulla decisione”.
Eppure che il papa sia malato sembra una possibilità più che concreta. Il pontefice soffre, a quanti raccontano fonti mediche a lui vicine, di dolori articolarie reumatici ma è anche il peso del suo ruolo a incidere sul suo stato generale. A questo si aggiunge, dicono le stesse fonti, una fibrillazione atriale cronica ma il papa rifiuterebbe i farmaci anticoagulanti prescritti. Di certo il pontefice si sente vecchio e stanco. Una percezione confermata anche dal fratello Georg, che raggiunto telefonicamente dai media tedeschi ha laconicamente confermato: “Sente il peso dell’età”.
Una scelta storica quella del Papa, “una situazione nuova”, ha ammesso con sorpresa padre Lombardi in conferenza stampa, che stravolge la tradizione e il rito della successione papale e non trova paragone nella vicenda personale del suo predecessore Giovanni Paolo II, che del proprio corpo morente fece quasi una icona da esporre pubblicamente. Così non è per Benedetto XVI, il cui gesto – viene ricordato in queste ore – poteva in qualche modo essere previsto dalle parole che lui stesso aveva pronunciato nel libro-intervista del 2010 “Luce del mondo”. Di fronte al giornalista tedesco Peter Seewald, Ratzinger aveva ammesso che se un Papa si rende conto che non è più in grado “fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo, di dimettersi”. In quell’occasione Benedetto XVI parlò con chiarezza dell’ipotesi-dimissioni.
Un papa, insomma “provato da una fatica insostenibile”, come l’ha definita il presidente Napolitano. In questo scenario assume un peso non indifferente il mordkomplot, il ‘complotto di morte’ rivelato un anno fa dal Fatto Quotidiano. Il famigerato appunto del cardinale Castrillon che, riferendo le parole di un altro prelato, l’arcivescovo di Palermo Paolo Romeo, attribuiva al pontefice non più di 12 mesi di vita. La preoccupazione di allora si legò all’ipotesi minacciosa di un attentato contro Benedetto XVI. A 12 mesi di distanza quell’attentato non c’è stato, ma Ratzinger si è dimesso ugualmente. E le sue condizioni di salute sono tornate al centro dell’interesse dei di tutto il mondo cattolico.