Mario Monti è stato ospite alle Invasioni barbariche dove Daria Bignardi si è soffermata parecchio sull’aspetto poco empatico del Presidente. E’ risaputo, l’empatia è un sentimento particolare, tutti noi ne subiamo il fascino quando andiamo al cinema. Ci immedesimiamo con il Don Vito Corleone del Padrino così come con l’Abramo Lincoln di Spielberg, buoni o cattivi, tifiamo comunque per loro. Come scrisse la filosofa Edith Stein: “si tratta dell’esperienza di una coscienza esterna a noi che appartiene ad un altro”.
Perciò, l’empatia in politica non esiste. Anzi, l’antipolitica è l’esatta antitesi della “relazione empatica” e cioè un rifiuto a prescindere della “coscienza” del politico. In ogni caso la Bignardi deve aver pensato che a tutto c’è rimedio e così ha regalato un cagnolino bianco a Monti. Niente di nuovo. Nei giorni scorsi Berlusconi è apparso avvinghiato ad un cagnetto. Bersani invece si è scelto prima un cane marrone (che compare su di un manifesto dei Democratici toscani) poi un gatto nero diffuso dalla figlia via Twitter. Infine si è deciso optando per un porcellino d’India. Avete capito bene: una cavia.
Sul sito www.lescienze.it è apparsa un’intervista dove il Segretario del Pd illustra la sua idea sulla vivisezione. Sono stupefatto. Il Partito Democratico ha preso una posizione chiara. Intanto incomincia col dire che: “Chi è contrario all’uso degli animali in laboratorio va rispettato”. Evviva! I dissenzienti possono stare tranquilli: nessuno di loro finirà sul tavolo anatomico del ricercatore insieme ai cani di Green Hill. Bersani agita poi lo spauracchio “giovannardiano” degli esseri umani utilizzati al posto delle cavie dimenticando che tutti gli italiani sono già stati usati in quell’esperimento fallito dove si è tentato di dimostrare che aumentando le tasse cresce l’economia. Presto si presenteranno a casa nostra per eliminarci dato che tutte le cavie, e non solo quelle umane, vengono soppresse senza pietà.
Infine cita l’ultima direttiva europea sulla vivisezione avversata – secondo lui – da chi vuole eliminare gli allevamenti di cavie e sventola l’obsoleto ricatto dei posti di lavoro, diecimila circa, che andrebbero persi in caso di vittoria degli abolizionisti. Una posizione vecchia che contrappone la crescita etica del paese ai posti di lavoro.
Allora mi chiedo: perché preoccuparsi tanto dell’Ilva? Lasciamola inquinare in pace trasformando Taranto in una nuova Seveso. La direttiva è indegna e basta leggere il report della Lav per capirlo. Ad esempio permette di non utilizzare l’anestesia, consente metodi di uccisione dolorosi, l’accanimento sperimentale sulle cavie secondo standard in uso a Guantanamo. Infine si potranno catturare e vivisezionare animali in via di estinzione tipo il famoso “giaguaro da smacchiare”.
Anche cani e gatti, raccolti dalla strada, saranno sacrificati in nome della scienza (n.d.r parte non accolta dall’Italia in extremis). Il discorso sugli animalisti è complesso, per non farla troppo lunga, si può dire che c’è chi vuole abolire del tutto ogni sperimentazione sugli animali e chi invece chiede un miglioramento graduale, seppur inarrestabile. Per Bersani, né l’una né l’altra posizione, la vivisezione va bene così com’è. Nessuna forma di concertazione, nessun ascolto e nemmeno l’ombra del dubbio. Spero di vederlo presto cambiare idea.
In caso contrario mi verrebbe voglia di sostenere la Brambilla se non fosse che la legge europea di cui abbiamo parlato pocanzi ha praticamente incassato il via libera da tutti i partiti italiani (Pd, Pdl, Udc, Lega Nord…). Dal rapporto della Lav si evince che gli unici Onorevoli contrari sono stati: Sonia Alfano, Crocetta e Muscardini, un manipolo degno di Leonida alle Termopili. Allora, dato che siamo in tema di empatia, mi immagino il finale di una commedia all’italiana.
Ci troviamo sul set del reality show partorito da Rai Uno sull’onda di una dilagante zoofilia elettorale, un po’ tribuna politica e un po’ fattoria di campagna. Ogni politico si è portato il suo animale da casa per farlo intervistare da Bruno Vespa (Polistes salottus) il cui nome rientra a buon titolo nel regno animale. Ci sono Vittoria e Puggy di Silvio, Empty di Mario. Decly, il criceto di Giannino. I pesci rossi di Casini nella bolla di vetro, Vendolino e Vendolina. Rutto, il bulldog di Rutelli. Grillo è il grande assente, pare sia stato assalito da alcuni membri del Cda del Monte dei Paschi di Siena che l’hanno preso a ciabattate e spruzzato di Baygon come si usa fare con gli insetti fastidiosi. Manca anche il cane di Gianfranco Fini, ma, avendo sbagliato studio, c’è Bocchino che si è dovuto travestire da doberman per restare.
La trasmissione si chiude tra gli applausi. I padroni degli animali se ne vanno al ristorante. Ma cani e gatti in molti locali restano fuori. Si spengono i riflettori. Si respira un’aria felliniana da festa finita. Entra in studio l’animalaro, (così, a Roma, si chiama l’addetto agli animali) e chiede ragguagli: “a Dottò che famo con tutte ‘ste bestie?”. Rispondono dalla regia: “la campagna elettorale è finita, manda tutti gli animali in laboratorio, li stanno aspettando”.