Incontri cittadini e approfondimenti sulle scelte passate di azionisti e manager. Le iniziative dei giornalisti del quotidiano di De Bortoli contro i il piano esuberi, ma soprattutto il trasloco e la scomparsa dei ricchi benefit
I giornalisti di Corriere della Sera, Gazzetta dello Sport e della divisione Periodici si mobilitano contro il piano tagli dell’amministratore delegato di Rcs Mediagroup, Pietro Scott Jovane. Obiettivo: dare battaglia sugli 800 esuberi previsti in tutta la casa editrice e sulla chiusura di dieci periodici. Il primo vero appuntamento è per i primi di marzo, quando i redattori sciopereranno tutti insieme per uno o più giorni, in occasione della prossima riunione del consiglio di amministrazione presieduto da Angelo Provasoli.
Un appuntamento chiave, atteso tra l’1 e l’11 marzo, perché è allora che saranno approvati i conti del 2012, il piano industriale del gruppo e il via libera alla sua esecuzione. Inclusi i tagli annunciati lunedì 11 alle rappresentanze sindacali dallo stesso Jovane, che il giorno successivo li ha condivisi con il cda, senza il clamore che forse qualcuno si aspettava. Il clamore arriva invece da via Solferino, dove fanno sapere che lo sciopero del Corsera verrà revocato solo “in presenza di una significativa riduzione dei tagli di organici annunciati dalla società”.
La pace elettorale non è comunque garantita agli azionisti del Corriere. Fino all’inizio di marzo, infatti, sulle pagine del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, che si era speso personalmente con i suoi redattori sulla permanenza della redazione nella sede storica di via Solferino a Milano (che Jovane ha invece destinato alla vendita per far fronte alle difficoltà economiche del gruppo) i giornalisti lanceranno una serie di appuntamenti tematici per far capire ai lettori (e non solo) cosa c’è davvero alla base del dissesto economico della casa editrice.
Negli spazi in pagina riservati alle comunicazioni del sindacato interno dei giornalisti verranno quindi pubblicati una serie di articoli per approfondire la storia dell’acquisizione della spagnola Recoletos, l’editrice del Mundo che Rcs ha rilevato nel 2007 per 1,1 miliardi di euro, indebitandosi per una somma analoga che non è tornata indietro. L’operazione sarà poi l’occasione anche per analizzare i conti aziendali e capire cosa vogliono dire in concreto le strategie digitali annunciate da Jovane.
Sul caso particolare del Corriere della Sera, poi, i redattori di via Solferino intendono mettere a punto un calendario d’incontri cittadini invitando milanesi illustri ed esperti del mondo editoriale per parlare del futuro del quotidiano. Ma anche di tutela del lavoro e, soprattutto, del tema che sta più a cuore insieme ai ricchi benefit aziendali anch’essi a rischio, il trasloco a Crescenzago, alle porte di Milano, dopo l’addio alla sede storica nel centralissimo quartiere Brera. Decisione che ha appunto contrariato molto lo stesso de Bortoli, da settimane intento in un braccio di ferro con Jovane, anche se le forbici di quest’ultimo si sono maggiormente concentrate sulla divisione Periodici.
E mentre le prime linee vanno allo scontro, i bellicosi azionisti dell’editrice (tra gli altri Fiat, Intesa, Mediobanca, Generali, Pesenti, Pirelli, Rotelli, Della Valle, Merloni, Unipol) sembrano prossimi a un accordo su un aumento di capitale più contenuto del previsto proprio grazie ai tagli di Jovane. I soci di Rcs hanno “sicuramente delle responsabilità” per la situazione che si è determinata nella società e “se l’azienda fosse stata una public company in senso stretto, allora avrebbe dovuto rispondere al mercato e da molto tempo quel management sarebbe stato spazzato via”, ha sintetizzato ieri all’Adnkronos Guido Roberto Vitale, già presidente della società.
“La crisi della Rizzoli, come quelle di altre case editrici tradizionali, viene da molto lontano. Si sarebbe dovuto pensare per tempo a ridisegnare una strategia per lo sviluppo di Rcs. Invece, l’assenza di una proprietà forte e di un impegno del management a raggiungere lo scopo sociale, cioè a combattere per avere una redditività soddisfacente, non c’è stato”, ha aggiunto. Che i soci abbiano delle responsabilità “è fuori di dubbio”, ha concluso il banchiere d’affari, ma “è anche un problema di privilegi concessi al personale, stratificati nel tempo, senza badare al conto economico”.