Il premier francese, Jean-Marc Ayrault, ha avvertito che la Francia non riuscirà a ridurre il deficit al 3% entro il 2013, come richiesto dall’ Unione europea. “Non saremo al 3% nel 2013, ma non saremo nemmeno troppo lontani”, ha annunciato intervistato da France 3. “Credo che la nostra politica sia giusta, necessaria, e che richieda sforzi per portare i suoi frutti”, ha aggiunto, sottolineando che “ciò che conta è la traiettoria”, “stiamo andando nella giusta direzione”. “L’obiettivo sarà raggiunto, raggiungeremo lo 0%, alla fine del quinquennio”, nel 2017, ha assicurato il premier.
“Avere obiettivi che non possono essere raggiunti non serve a nulla”, aveva commentato ieri lo stesso presidente, Francois Hollande, in una frase ambigua, che oggi acquista tutta la sua chiarezza. Il nuovo inquilino dell’Eliseo aveva anche lasciato intendere che Parigi dovrà ritoccare ulteriormente al ribasso le previsioni di crescita, attualmente fissate allo 0,8%, dopo l’allarme della Corte dei Conti. E’ quindi ormai probabile, secondo gli osservatori, che Parigi si appresti a tagliare le stime. Con la Commissione Ue, che nelle previsioni di primavera dovrebbe fare lo stesso, smentendo così la visione ottimistica dei dirigenti francesi, che hanno costruito la finanziaria 2013 su una crescita allo 0,8%.
Il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn, nel frattempo, ha comunicato in una lettera ai ministri delle Finanze dell’Ue che ai Paesi con deficit eccessivo, se la crescita si deteriora in modo inaspettato, la Commissione Ue concederà più tempo per correggerlo. Più tempo per rientrare dal deficit, ha precisato Rehn, potrà essere accordato a un Paese “a condizione che compia gli sforzi di risanamento richiesti”. Il commissario ha poi spiegato che nella Unione europea il debito è passato dal 60% prima della crisi al 90% attuale ed è “ampiamente riconosciuto” che quando sale sopra quel livello “ha effetti negativi sul dinamismo economico, che si traduce in un abbassamento della crescita per molti anni”.
Rehn, nella stessa lettera inviata ai ministri, ha poi avvertito che “le decisioni di bilancio prese dall’Italia dopo novembre 2011 hanno convinto i mercati e fatto scendere i tassi”. Il Belgio e l’Italia, spiega Rehn, sono “due esempi recenti che illustrano l’impatto di politiche credibili di consolidamento sulla fiducia degli investitori”. In Italia, scrive il commissario, “i tassi sui bond a dieci anni erano sopra il 7,3% a novembre 2011 ma sono scesi sotto il 5% a marzo 2012 perchè i mercati sono stati convinti dalle decisioni sui conti prese dall’Italia”. Un calo di cento punti di spread, aggiunge Rehn, significa per l’Italia un risparmio di tre miliardi di euro solo nel primo anno.