La Corte d'assise di Milano ha inflitto rispettivamente 7 anni e 6 mesi e 5 anni e 6 mesi agli ex investigatori privati Marco Bernardini ed Emanuele Cipriani. E' stata disposta anche una provvisionale da 50mila euro al Pd e da 12 milioni ad alcuni ministeri, all'Agcom e all'Agenzia delle Entrate. Risarcimento per il Pd (allora Ds)
Sette anni e mezzo di carcere perl’ex appartenente al Sisde Marco Bernardini e 5 anni e mezzo di reclusione per l’ex investigatore privato Emanuele Cipriani. Si è chiuso così un altro ‘capitolo’ giudiziario sulla vicenda dei cosiddetti dossier illegali, ‘spy story’ tutta italiana che risale ai primi anni del 2000 e che vide, secondo l’accusa, la security di Telecom e Pirelli, all’epoca guidata da Giuliano Tavaroli, impegnata a confezionare ‘report’ illeciti su una serie di personaggi più o meno noti.
La prima Corte d’Assise di Milano, presieduta da Piero Gamacchio, ha inflitto 7 condanne in totale ed ha assolto altre cinque persone per intervenuta prescrizione. E’ stato riconosciuto dai giudici il reato principale al centro del processo, ovvero l’associazione per delinquere, e a carico dei condannati è stato disposto anche un risarcimento di 10 milioni di euro a favore di Telecom Italia spa. Ai Democratici di Sinistra (oggi Pd), invece, sono stati assegnati 50 mila euro. I Ds, infatti, si erano costituiti parti civili nel dibattimento in relazione al cosiddetto dossier ‘Oak Fund’, dal nome di uno degli azionisti di Bell, la società legata alla scalata di Telecom nel 2001.
Nell’atto di costituzione di parte civile dei Ds – depositato all’inizio del processo da Ugo Sposetti, che fu tesoriere del partito – si spiegava, infatti, che le condotte e le attività illecite dei presunti responsabili del dossieraggio, tra cui Bernardini e Cipriani, avevano leso i “diritti alla privacy, all’onore, alla riservatezza e alla onorabilità dei Democratici di Sinistra” e in modo indiretto di Massimo D’Alema e Piero Fassino, “accusati (…) in ragione dell’incarico politico in seno al partito (…) di essere i titolari o gli utilizzatori” dell’Oak Fund. Tali informazioni “non corrispondenti al vero” erano contenute in uno dei tanti ‘report’ commissionato dall’ex capo della security di Telecom e Pirelli Tavaroli, che per la vicenda dei dossier ha già patteggiato negli anni scorsi 4 anni e 2 mesi. Nel settembre 2011, invece, la Cassazione aveva confermato il proscioglimento per l’ex numero due del Sismi, Marco Mancini: assoluzione arrivata in gran parte nel merito, ma anche per l’esistenza del segreto di Stato e per prescrizione. La Suprema Corte, tra l’altro, aveva anche assolto Cipriani dall’accusa di appropriazione indebita ai danni di Telecom e Pirelli.
Il processo che si è chiuso mercoledì, invece, vedeva al centro le accuse di associazione per delinquere, corruzione, accesso abusivo a sistema informatico e anche rivelazione di notizie coperte da segreto e relative a segreto di Stato. I giudici hanno riconosciuto risarcimenti compresi tra i 10 mila e i 50 mila euro a molte delle parti civili, ‘vittime’ dei dossieraggi (30 mila euro al giornalista Massimo Mucchetti, ora candidato per il Pd). Nessun risarcimento, però, è andato all’ex dg della Juventus, Luciano Moggi, che si era costituito parte civile perché lamentava di essere stato spiato dagli uomini di Tavaroli per conto dell’Inter.
Nel processo, infine, sono stati condannati anche l’ex responsabile della security di Telecom Brasile Angelo Jannone (a un anno e con pena sospesa ma assolto con formula piena dal capo di imputazione relativo all’associazione a delinquere), Andrea Pompili (4 anni) ex appartenente al cosiddetto ‘Tiger Team’, l’imprenditore Roberto Preatoni (2 anni e mezzo), il giornalista Guglielmo Sasinini (3 anni e sei mesi) e l’ex sindacalista Antonio Vairello (3 anni).
I giudici hanno stabilito un risarcimento per un totale di 12 milioni di euro – che non riguarda coloro che sono stati assolti dal capo di imputazione relativi all’associazione a delinquere – è stato riconosciuto alla Presidenza del Consiglio, al ministero dell’Interno, a quello della Giustizia, al ministero dell’Economia, all’Agenzia delle Entrate e all’Autorità garante per la concorrenza e il mercato.
Modificato da redazione web alle ore 18.38 del 14 febbraio 2013