No alla vendita della sede storica del Corriere della Sera di via Solferino, ma nessuna presa di posizione sul trasferimento dei giornalisti nella periferica via Rizzoli. Dal banchiere Giovanni Bazoli, primo creditore della indebitatissima Rcs con la “sua” Intesa Sanpaolo e, in passato, nume tutelare del quotidiano, non è dunque arrivato il sostegno alla battaglia della redazione di Ferruccio de Bortoli che qualcuno si aspettava.
A margine di una conferenza stampa del Fai, il professore, interpellato sull’ipotesi di cessione degli immobili di Rcs per far fronte al disastro finanziario della società editrice, ha risposto: “Io dico che non vengano alienati da Rcs quei luoghi che hanno un significato storico e culturale che non deve essere superato dai tempi”. Bazoli ha quindi precisato che non va dismessa “quella parte di Via Solferino dove si raccolgono le memorie storiche” del Corriere della Sera. “Io attribuisco a Via Solferino un significato di grande importanza dal punto di vista storico e civico che non ritengo superato”.
Non solo. “Mi auguro che, se ci sono degli inevitabili mutamenti decisi e necessitati anche da determinate situazioni economiche, queste non vengano ad intaccare quella parte di Via Solferino che rappresenta uno scrigno dal punto di vista della conservazione dei valori e dei tesori storici della città di Milano”, ha aggiunto. A chi gli chiedeva poi dello spostamento delle redazioni del Corriere e della Gazzetta dello Sport, Bazoli, ha invece replicato: “quello è un altro discorso su cui non mi pronuncio”.
E mentre al Corriere la battaglia prosegue dietro le quinte in attesa della prossima mossa ufficiale, a levare gli scudi oggi è stato il sindacato nazionale. “La crisi, ormai ufficializzata, di gruppi di primo livello nel panorama dell’editoria nazionale come Rcs Mediagroup e Mondadori e di quotidiani come La Stampa e Il Corriere dello Sport, con la chiusura di decine di testate storiche e l’espulsione dalle redazioni di quasi un migliaio di giornalisti, rende evidente per tutti che un settore rilevante dell’industria italiana – cui sono legati beni pubblici come la libertà di informare ed essere informati e il diritto all’informazione – è arrivato a un punto di allarme acuto”, recita una nota della Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi).
Il Consiglio nazionale della Fnsi ha quindi lanciato “un appello al senso di responsabilità anche della Fieg (gli editori di giornali, ndr) perché venga trovato il coraggio di azioni comuni per un nuovo equilibrio di sistema, nel rispetto delle autonomie specifiche delle parti sociali e della dignità dei lavoratori”. La Fnsi spiega come si è giunti all’allarme acuto” sul settore. “Alla crisi economica e del settore si sono sommati la scarsa lungimiranza degli editori, il ritardo nella definizione di strategie capaci di rispondere alle trasformazioni tecnologiche, palesi errori manageriali e investimenti sbagliati che oggi pesano in maniera insostenibile sui bilanci delle aziende”, si legge nel documento.
“Si deve dunque parlare di un vero e proprio fronte di preoccupazione estrema sul quale occorre compiere atti di corresponsabilità importanti a tutti i livelli, a partire dalla politica che sembra invece, in questa fase elettorale, avere cancellato dalle agende qualsiasi progetto di intervento a sostegno di un settore precipitato, come tutto il Paese, in una crisi senza precedenti”, continua la nota. “Il momento richiede, invece, interventi indispensabili e urgenti come la riforma delle leggi dell’editoria e l’istituzione di un fondo pubblico valido almeno un triennio per l’innovazione e per la trasformazione industriale, la definizione di un welfare attivo del lavoro che consenta di gestire nella maniera meno traumatica possibile le uscite anticipate per la crisi, coniugandole con l’ingresso di professionalità giovani da formare con l’aiuto dell’esperienza di chi è a fine carriera”.
E, infine, le note più dolenti. “Nessun governo può immaginare che il rilancio dell’editoria possa avvenire solo per impulso delle parti. Il Cn ribadisce però anche la richiesta alla Fieg di aprire immediatamente un tavolo di confronto per affrontare con il massimo rigore l’esame della crisi nel suo complesso, prima di affrontare le singole richieste di attivazione di ammortizzatori sociali che arrivano dagli editori e che – al momento – non hanno un’adeguata copertura per garantire a tutti la giusta protezione sociale necessaria”, conclude il sindacato.