Udienza papale di ieri mattina: «Le divisioni deturpano la Chiesa, basta rivalità e lotte di potere». Benedetto XVI, in via di imminente rientro nei panni di Joseph Ratzinger, si scopre ennesimo fustigatore delle piaghe di quell’istituzione ecclesiastica nei cui vertici ha trascorso la vita intera e che negli ultimi anni ha direttamente presieduto.
Verrebbe da chiedere a quell’omino piccino: ma dove credeva di essere capitato? Ora i gazzettieri di corte ci spiegano come lo turbassero in misura ormai insopportabile gli scandali bancari e pedofili. Quando le malefatte dello Ior sono di dominio pubblico, almeno dal giorno in cui un banchiere milanese fu trovato impiccato sotto il ponte londinese dei fratelli neri. Ratzinger non ne aveva avuto notizia? Diversamente da Papa Luciani, che ne aveva chiesto notizia nei sue due giorni di pontificato; ma l’autopsia sul suo cadavere non è mai stata fatta. Invece, per quanto riguarda gli insabbiamenti dei turpi scandali pedofili, il Ratzinger segretario Vaticano qualcosa dovrebbe pur sapere; considerato che aveva dato il suo personale contributo in materia, con tanto di disposizioni scritte all’insegna del sopire in luogo del troncare. Insomma, disposizioni per occultare la verità delittuosa. Da dove nasce – dunque – lo stupore?
Forse il teologo retroverso in un passato immaginario non aveva capito che l’ordine a cui appartiene è un’istituzione millenaria che fa della gestione del dolore il fondamento del proprio potere? Eppure la prolungata frequentazione quotidiana del diafano Ruini, del robotica Bertone o dello squittente Bagnasco avrebbero dovuto aprirgli gli occhietti sorridenti: è tutta una questione politica. Ormai in larga misura confinata nell’ultima ridotta, dove due millenni fa l’istituzione piantò le proprie radici: l’Italia. Il campo di battaglia in cui si gioca la partita a tutela dei benefici materiali ottenuti con uno scambio politico di quasi un secolo fa: il Concordato tra Santa Sede e Benito Mussolini con i Patti Lateranensi, poi confermato da tutti i successivi leader italici (e nel rimpianto vaticano dell’analogo Concordato stipulato con Adolf Hitler; poi annullato da quell’esito del secondo conflitto mondiale non propriamente apprezzato da tutti “gli uomini con le gonne”. Ad esempio il fondatore di Opus Dei, José Escrivà de Balaguer, dichiarato simpatizzante hitleriano).
Questione di potere ma anche di soldi, ovviamente. Difatti la partecipazione dei vertici ecclesiastici alla competizione elettorale italiana in corso sembra ruotare attorno a una semplice domanda: chi assicurerà al meglio i consolidati privilegi clericali? Il baciapile Mario Monti, che ha depistato brillantemente le disposizioni dell’Unione europea in materia di Imu sul patrimonio immobiliare ecclesiastico e finanziato generosamente le scuole religiose (a scapito di quelle pubbliche), o l’affarista libertino Silvio Berlusconi, con cui la trattativa è diretta e sempre generosa (se si contribuisce a lasciargli fare ciò che vuole)? Sicché la tenaglia soldi/potere ha schiantato il Papa piccolo, piccolo, ormai consapevole di dover cedere il passo a polsi e stomaci più saldi del suo. Rifiuto dipendente da “gran viltade”? Neanche per sogno, vista la totale organicità del personaggio alla lunga storia di cui è comprimario.
Una storia dalla parte del potere (e della ricchezza che lo consolida). E da uno come Ratzinger non ci si poteva certo attendere il ribaltamento di un ordine gerarchico-patriarcale (anche quando in buona parte i vertici ecclesiastici sono omosessuali) in cui si riconosceva e riconosce intimamente. Semmai ci si potrebbe domandare se questo ordine non sia giunto ormai agli sgoccioli, come per tutte le faccende umane. Il pianto dirotto di un Gianni Letta, presente all’udienza nella Sala Nervi, più che commozione per l’addio di un Papa potrebbe essere segno dell’angoscia di un mondo al capolinea. E se Letta piange, altri possono sorridere.