Non so se avete presente un treno che corre ad alta velocità nel mezzo di una stazione. All’improvviso. Senza annunci. Ha l’effetto di una bomba.
Proprio in questa maniera, alla fine di una primavera stranamente lunga e lussuosa che aveva abbellito l’anno 1992, tra polvere e sangue cancellabili, con uno spostamento d’aria deflagrante, il nuovo aveva spazzato via il vecchio.
Il vecchio, in quel caso, era poi un complesso d’idee che erano cresciute con difficoltà per due secoli, muovendosi in silenzio, di notte, entrando e uscendo dalla porta posteriore, quella usata dai servi, nella casa d’Europa. Eppure, nonostante le difficoltà nel crescere e il costretto rachitismo, aveva dato disturbo. In particolare, per quel che ci riguarda, era stato del tutto inopportuno nel visitare la nostra stanza; stanza… un lungo corridoio tortuoso… un cimiciaio rinomato per l’aroma gustoso dell’aria… lasciata a macerare per anni negli apparati respiratori dei suoi abitanti… per la libertà del fare impresa e dell’edificare… per il mare blu elettrico radioempatico…
Ma come? vieni da noi di nascosto… noi non diciamo nulla perché alla fine… siamo brava gente… accettiamo tutti… purché ci un po’ di complicità… ma a te non va… non ti andiamo a genio… pretendi di restar solo… di dettar legge… di giudicarci!… Poveretto!… Proprio ora che ci ciucciamo tutto ciò che non ci contiene… che cosa sono le tue idee… belle… peccato che nemmeno ci prendono in considerazione… caro visitatore… pensatore illuminato… benvenuto tra i cannibali!… Vergogna… con la tua vivace immaginazione… manco di striscio ci hai cagati… Guarda le nostre novità sugose… un po’ di putrefazione farebbe bene anche a te… Via questi diritti umani… il lavoro ai lavoratori… quante stronzate!… vieni qui… serviti pure… mangia dalla greppia… il verminaio è per tutti… noi intanto andiamo su a spellarci un paio di aragoste…
Non ci misero tanto a far fuori gli uomini. Le idee… senza carne… senza sangue… svanirono… Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In ordine cronologico di decesso (così li ricordiamo, in ordine di sacrificio per tutti… Santi morti perciò innocui…). Via le teste. Per il resto, sarà sufficiente il silenzio. Scacco matto: ancora una vittoria del sistema criminale.
Seppi della morte di Paolo Borsellino a Pécs, in Ungheria, dove mi ero rifugiato presso una famiglia. Ero il fidanzato della figlia. E da quelle parti l’ospitalità è sacra. Fu Béla a darmi la notizia. Non avevo capito bene. La figlia traduceva di un personaggio importante in Italia, di un grave incidente. M’invitarono a seguire il telegiornale della sera. Erano apprensivi nei miei confronti. La televisione, appoggiata su un mobile con le rotelle, era stata portata al centro della stanza. La luce della sera filtrava attraverso le tende, smosse dall’aria di un imminente temporale. Nello schermo c’era uno squarcio a colori. Le persone che giravano intorno… andavano e venivano… dentro e fuori dal vetro che emanava le immagini… Erano poche… erano tante… Il silenzio ronzante… Il silenzio ronzante… Il silenzio ronzante… Il silenzio ronzante… mentre le donne ci chiamavano a cena…
A tavola non saprei… Mi fecero delle domande… Il mio atteggiamento era mutato… Probabilmente cercai di spiegare quello che era accaduto… Lo feci come chi parla… parla… per non dire che non ne sa niente… che cosa ne capivo dei movimenti assassini… sempre più assassini… degli ultimi mesi… degli ultimi anni… Ero cresciuto con Augias e Santoro… I loro programmi accendevano la coscienza… cioè… più che altro facevano spettacolo stuzzicando il cervello a livello più alto… più alto rispetto agli impulsi su cui era di solito sintonizzato… le Ragazze Cin Cin e la Del Santo che si rotola in calze a rete sui banchi del Drive In… la tabaccaia di Gigi e Andrea… La Carmen Russo in mutande… Poi ogni tanto… Davanti al Telefono Giallo… alle inchieste di Samarcanda… m’illudevo di avere un senso civico… secondo l’educazione scolastica che ci avevano impartito nel cuore pulsante degli Anni Ottanta… Gin Fizz, Emporio Armani e Depeche Mode…
Davide Vanotti