Non ce l’ha fatta Carmelo Imbriani. L’ex calciatore di Napoli e Benevento e attuale allenatore dei giallorossi, che da tempo lottava contro una grave forma di leucemia, è morto venerdì all’alba. L’hanno reso noto i responsabili della struttura complessa di Ematologia del nosocomio umbro, guidata dal professor Brunangelo Falini, dove Carmelo era ricoverato da inizio dicembre. Al suo capezzale i genitori, il fratello e la moglie, che l’hanno assistito e coccolato fino all’ultimo. La storia di Imbriani, che dopo la trafila dalle giovanili esordisce come seconda punta nel Napoli di Marcello Lippi negli anni novanta, aveva commosso e sconvolto il mondo del calcio dallo scorso ottobre: quando lui stesso aveva raccontato in una lunga intervista a Il Mattino di Napoli la sua malattia, scoperta per caso in un giorno d’estate durante il ritiro precampionato con il Benevento. La squadra della sua città, di cui è stato giocatore a fine carriera e poi allenatore.

“Venti agosto e non sembrava estate, a mille metri d’altitudine c’erano pioggia e freddo. Tornato in albergo, misurai la febbre: 40. Pochi giorni prima avevo avvertito dolori forti, mi ero riempito di medicinali e avevo trascorso notti insonni – raccontava Imbriani a Il Mattino -. All’inizio si pensava avessi una broncopolmonite, invece ho un tumore. Linfomi in più punti del corpo, uno maligno all’adduttore”. E alla domanda specifica sul fatto che molti ex giocatori si sono ammalati a causa del doping, aveva risposto: “La mia storia non c’entra con quelle, mai date e mai prese sostanze strane negli spogliatoi, neanche un’aspirina”. Un’intervista rilasciata perché potesse essere d’aiuto “anche alle altre persone che soffrono”, in un momento in cui la chemioterapia sembrava sortire effetti benefici e in cui in famiglia aspettava con ansia la nascita del secondogenito Fernando. Carmelo era fiducioso. E il mondo del calcio con lui, si era stretto attorno al suo amico, fratello e collega.

Gesti anche concreti di solidarietà, da quel momento, sono arrivati da ex compagni di squadra, attori, cantanti, calciatori e dalle curve di tutta Italia. Per un attimo, il pallone sembrava aver dimenticato tutte le sporcizie per riscoprire fratellanza e condivisione, negli spogliatoi e sugli spalti. Ma il tumore è bastardo, nonostante la chemioterapia il linfoma di Hodgkin si è insinuato nuovamente nel suo corpo, e la malattia è degenerata. Il 10 febbraio, giorno del suo compleanno, diverse squadre, dalla Serie A alla Lega Pro, hanno mostrato la maglietta “Imbriani non mollare”. E così hanno fatto anche il Napoli e il suo tecnico Mazzarri, molto sensibili alla vicenda. Che la situazione fosse disperata però, era oramai divenuto chiaro. Pochi giorni fa Carmelo è stato trasportato d’urgenza nel reparto di rianimazione dell’ospedale Silvestrini di Perugia. Subito si sono rincorse voci su un decesso, poi smentite. Ieri mattina è entrato in coma.

E più le speranze si facevano labili, più l’affetto della gente aumentava. Anche nelle ultime ore, decine e decine di persone comuni hanno telefonato in ospedale per manifestare la loro vicinanza, a lui e alla famiglia, che non ha mai smesso di accudirlo. “In tanti anni raramente mi era capitato di vedere delle persone così splendide profondamente unite, assistite da valori umani fortissimi”, ha detto Annalisa Billera, caposala della clinica di Ematologia. Dopo l’annuncio del decesso, subito sono arrivate le condoglianze del Napoli e del Benevento, che hanno annunciato sui loro siti che nel fine settimana giocheranno con il lutto al braccio. Mentre su tutti i campi sarà osservato un minuto di silenzio. Sabato pomeriggio a Benevento, la città che ha dato i natali a Carmelo e dove fino all’ultimo ha voluto insegnare calcio, il funerale.

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