In Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna "crescono i rischi sociali, i sistemi sociali vengono messi a dura prova e individui e famiglie vivono in situazione di stress”. Tra le altre misure suggerite ci sono un impiego più “sociale” dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020 politiche ad hoc per la riduzione della povertà infantile e della disoccupazione
La priorità data dalla Ue e dagli Stati membri alle politiche economiche a scapito di quelle sociali durante la crisi in corso, sta avendo un impatto devastante sulle persone, specialmente nei cinque paesi più colpiti dalle politiche di austerità. E’ la conclusione di un rapporto diffuso dalla Caritas europea, intitolato appunto “Impatto della crisi europea”. I paesi presi in esame da quello che si presenta come il primo studio complessivo sul costo sociale delle misure di austerità decise dai governi dei paesi membri dell’Ue, sono Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo e Spagna.
“Le misure stanno avendo un impatto forte sulle fasce più deboli”. L’immagine che se ne ricava – dice il comunicato di presentazione – è quella di una Europa “in cui crescono i rischi sociali, i sistemi sociali vengono messi a dura prova e individui e famiglie vivono in situazione di stress”. Il rapporto, inoltre, “contesta fortemente l’attuale discorso ufficiale secondo cui il peggio della crisi è passato”. Dai dati raccolti grazie alla capillare rete della Caritas sul territorio, emerge infatti che non solo le misure di austerità stanno avendo un impatto forte soprattutto sulle fasce più deboli della popolazione (anziani, giovani, famiglie monoreddito, donne sole) ma anche che settori più ampi della società rischiano di scivolare sotto la soglia di povertà, di fatto aggravando la depressione che le politiche di austerità vorrebbero combattere.
“La principale conclusione del rapporto – si legge ancora – E’ che le politiche di austerità non stanno funzionando e che dovrebbe essere adottato un approccio differente”, per cercare “una equa via d’uscita dalla crisi”. Per arrivare a questa netta conclusione il rapporto parte dai numeri: la disoccupazione giovanile, che pure la Commissione Europea ha definito “la più urgente emergenza sociale dei nostri tempi” è arrivata al 22,5 per cento, con punte drammatiche oltre il 50 per cento in Grecia (55 per cento al giugno 2012) e Spagna. A peggiorare il quadro, c’è l’ulteriore elemento, messo in evidenza dalla Caritas, che quasi metà della disoccupazione è di “lungo termine” ovvero persone che non trovano un lavoro da più di un anno.
“Il tasso di rischio di povertà per i bambini arrivato al 26,9 per cento nell’Ue a 27”. In molti paesi dell’Ue, inoltre, la povertà infantile è ormai uno dei campanelli d’allarme più significativi, con il tasso di rischio di povertà per i bambini arrivato al 26,9 per cento nell’Ue a 27. Nei cinque paesi considerati nel rapporto, inoltre, è cresciuto il fenomeno dei working poor, ovvero individui che pur lavorando, non riescono ad arrivare a un reddito sufficiente: la media Ue di questo fenomeno è del 8,7 per cento, mentre nei cinque paesi esaminati dalla Caritas si arriva a un tasso del 18,1 per cento nel 2011, con un aumento di quasi il 2 per cento rispetto al 2010, quando era al 16,3.
“Spero che questo rapporto non serva solo a fornire informazioni tempestive su una situazione che si sta deteriorando – ha detto Jorge Nuño-Mayer, segretario generale della Caritas Europa – ma che sia anche uno strumento per i decisori europei e nazionali per identificare risposte più appropriate ad affrontare la crisi in corso”. Sean Healy, direttore di Social Justice Ireland, l’organizzazione partner della Caritas che ha condotto lo studio, aggiunge: “Questa ricerca dimostra che le politiche di austerità nei paesi in crisi nella Ue ha avuto un impatto sproporzionatamente alto sui poveri e sulle fasce sociali vulnerabili e nello stesso tempo ha fallito nell’affrontare i drammatici livelli di disoccupazione di cui questi paesi stanno facendo esperienza”.
Le raccomandazioni: impiego più “sociale” dei fondi strutturali europei. La Caritas, organo pastorale della Cei, non si limita a fare una fotografia dell’esistente. Nella parte finale del rapporto, dedicata alle Raccomandazioni, insiste anche sulla previsione di alcune misure da inserire nelle politiche europee e dei singoli stati membri. Per esempio, tra le politiche suggerite a livello Ue, c’è una Valutazione di Impatto Sociale “che dovrebbe essere parte regolare e stabile delle valutazioni sull’attuazione delle misure di consolidamento fiscale e/o sugli accordi per i prestiti”. Questa Valutazione dovrebbe avere tre caratteristiche: considerare gli effetti cumulativi delle politiche; concentrarsi sulle fase sociali più esposte e indicare politiche per ridurre la diseguaglianza.
Tra le altre misure suggerite dalla Caritas, ci sono un impiego più “sociale” dei fondi strutturali europei per il periodo 2014-2020 (nonostante i tagli al bilancio comunitario decisi dagli Stati); politiche ad hoc e mirate per la riduzione della povertà infantile; politiche ad hoc per la disoccupazione giovanile e di lungo periodo e infine coinvolgere le organizzazioni della società civile europea nel processo e nelle strutture di governance comunitaria, sulla base della Carta della Responsabilità sociale condivisa a cui sta attualmente lavorando il Consiglio d’Europa.
di Joseph Zarlingo