Domenica 17 febbraio al Comunale Bibiena di Sant'Agata l'autore siciliano mette in scena la storia di una famiglia di pugili sotto le bombe dal 1942 al 1992 con il suo teato di narrazione imperniato sul corpo e il dialetto: "Con amarezza constato che nella mia città in 50 anni nulla è cambiato"
Marco Paolini, Marco Baliani, Ascanio Celestini, Laura Curino, Davide Enia. Il posto in mezzo al gruppo del teatro di narrazione è oramai assegnato da tempo, galloni guadagnati sul palco: l’uso del corpo e del dialetto, lo spunto storico e di cronaca. “Anche se a me sembra un nome, un’etichetta di comodo, direi addirittura sbagliata, non indicativa di quello che accade”, spiega Enia al fattoquotidiano.it, “ogni atto scenico è narrativo. Voglio dire il lavoro di Pina Bausch non è narrativo?”
Ecco allora che arriva Così in terra, domenica 17 febbraio alle 21 al Teatro Comunale Bibiena di Sant’Agata Bolognese. Storia di pugili, in una Palermo che va dal 1942 al 1992 con sullo sfondo le bombe che cadono sulla città: prima quelle della Seconda Guerra Mondiale e poi quelle degli attentati mafiosi. “Prima c’è stato il libro, finalista al premio Strega un anno fa, poi il testo teatrale. Un reading ma sui generis perché il testo che viene letto scivola in una dimensione performativa che prevede il canto e la musica in scena. Io lavoro molto sul corpo dell’attore, è l’elemento che crea il discrimine, in fondo anche la voce è l’estensione di un battito fisico corporeo”.
Davidù, lo stesso Enia, impara a boxare fin da ragazzo, come il padre e lo zio. E le loro storie, comiche e tragiche, scivolano le une nelle pieghe delle altre, componendo il ritratto di una famiglia, di una città, di un mondo in battaglia, pieno di grazia e ferocia. “Il mio primo imperativo è l’elemento carnale. Già nel romanzo ho voluto che da ogni pagina trasudasse il puzzo di sudore e piscio delle palestre, l’odoro di limone e gelso delle ragazze, l’acqua di colonia degli uomini”. E poi bombe su bombe (“Dal cielo o messe dai siciliani contro altri siciliani”), per un cinquantennio che pare rimasto “immobile”: “uno strazio, una sorta di strano fondale che pare non cambiare mai”.
Così in terra si ferma comunque alla strage di Capaci: “Ma l’amarezza è tanta perché in Sicilia il pachiderma dello Stato non penetra nel tessuto dell’economia marginale dove la logica del sistema mafioso continua senza sosta: dagli affitti in nero, ai parcheggi abusivi, fino al pizzo”. “Esiste poi un carrozzone di dipendenti comunali e regionali”, continua Enia, “che nessuno ancora sbatte via a calci nel sedere. Gli interventi devono essere duri e i politici devono rischiare l’impopolarità. Il limite dell’attuale classe dirigente siciliana e palermitana è invece il narcisismo”.
“Gli artisti se ne vanno da questa terra”, chiosa, “e non basta parlare di cultura. Bisogna farla conoscendo il territorio e i suoi interlocutori. Io ho stima per Franco Battiato (assessore regionale alla cultura, n.d.r.) ma come si può accettare un incarico così delicato se poi si va in tour?”.
Tutto torna in questo infinito abisso del reale di cui fa parte il teatro, o la forma teatrale con cui comunque ci si misura, di cui ci si serve per raccontare: “il teatro è un’urgenza di pancia ed è un mestiere che va riconosciuto con dignità e pagato il giusto ma pagato. Paradossalmente il teatro di narrazione negli ultimi 15 anni ha nascosto con la sua capacità di lavorare con poco, la mancanza di quattrini nel settore. E oramai per noi dietro l’angolo c’è solo il baratro. Ricordo sempre che i grandi cambiamenti, ciò che fa muovere il popolo, è lo stomaco. Il cuore, come diceva Woody Allen, è un muscoletto molto elastico”.
Info: 0516818942, www.teatrobibiena.it