Ieri è stata una giornata speciale.
Come altre volte nella mia vita, oggi mi sono trovata tra migliaia di donne dalla pelle nera e un sorriso stanco e radioso al tempo stesso che ballavano come se non ci fosse un domani. Tra di loro mi sono mescolata, una volta tanto invisibile tra i molti bianchi presenti, felice.
Ma c’era anche dell’altro. Ieri, mentre io ballavo con le donne di Bukavu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo, c’erano donne delle Filippine, della Nuova Zelanda, di Taiwan e del Sudan, donne americane, inglesi e pure italiane, milioni di donne che ballavano, così vicine a noi, in ogni città del mondo. Donne bianche e nere, donne con gli occhi a mandorla, neri come la pece e blu come il cielo, donne, tutte, che hanno scelto questa giornata per gridare al mondo che non ne possono più. Che non vogliono più essere vittime di violenza.
Forse non saremo state un miliardo, come nell’idea di Eve Ensler, autrice dei Monologhi della Vagina e attivista che ha lanciato questa enorme mobilizzazione. Non lo so, probabilmente non si saprà mai quante eravamo davvero. Poco conta, a dire il vero. Certo eravamo tantissime, in ogni angolo del mondo. Un’onda umana e danzante che io non avevo visto mai, prima d’ora, e di cui ancor meno mi ero mai sentita parte.
Mi sono emozionata a gridare “we rise” con un dito alzato verso il cielo.
Ci solleviamo, noi, donne di ogni angolo del mondo! Ci solleviamo per tutte quelle donne che non si possono sollevare. Per tutte quelle donne che subiscono, che si piegano sotto i colpi di un marito violento, di un padre senza cuore, di un militare ubriaco. Per quelle che non possono mai alzare mai lo sguardo, che ancor meno possono dire la loro. Per quelle che non possono andare a scuola, che si sposano bambine, che vengono offese sul posto di lavoro, violentate perché un uomo poco uomo ha preso la loro minigonna per un sì.
Per tutte loro, ci ribelliamo, per la violenza inumana che hanno subito e continuano a subire.
Ma ci ribelliamo anche per noi, in tutta onestà, perché abbiamo vergogna di vivere in un mondo così.
Mi sono emozionata sapendo che la parte migliore del mondo era con noi. E se non eravamo un miliardo, ci siamo andati vicino.