Liberare la Chiesa cattolica dal potere temporale. È questa la vera sfida che attende il prossimo Papa.
Liberarla da quelle enormi proprietà immobiliari, finanziarie, commerciali, insomma da tutto quello che trasforma la chiesa in uno dei poteri economici e politici mondiali, capace di condizionare gli Stati e di corrompere se stessa.
Quel potere il cui controllo è alla base delle lotte in Vaticano e che costituisce l’humus in cui è maturata la scelta di Benedetto XVI di abdicare.
Per questo ci vorrebbe un pontefice che prenda il nome di Francesco I. Un Papa che non debba occuparsi dello Ior e dei suoi opachi intrighi di potere. Come il poverello di Assisi, che si spogliò da tutti i suoi averi per meglio “vivere secondo la forma del Vangelo” piuttosto che “vivere secondo la forma della Chiesa di Roma”.
Non è un caso che negli 800 anni successivi alla morte di San Francesco, mai ci sia stato un Papa che abbia scelto di chiamarsi con il suo nome. D’altronde, sarebbe stato impossibile farlo continuando a essere uno dei più grandi proprietari del mondo.
Rinunciare al potere temporale non significa tanto rinunciare alla sovranità su un piccolo territorio, quanto liberare la chiesa dal peso degli affari e convertire l’immenso patrimonio immobiliare e finanziario vaticano in tutto il mondo per affermare il diritto umano fondamentale a non subire condizioni di miseria.
In pratica, il Papa potrebbe farsi promotore, con una prima dotazione che potrebbe poi coinvolgere l’intera comunità internazionale, di un vero e proprio fondo per un welfare universale. Un fondo da affidare in via fiduciaria all’Onu e/o ad altre istituzioni internazionali in grado di gestirlo con criteri di massima trasparenza ed efficacia nella lotta contro la miseria.
Lo stesso fiume di denaro dei tanti “otto per mille” che vengono oggi drenati dalle tasche dei cittadini potrebbe andare – al netto dei meccanismi truffaldini- in quella direzione, richiamando la chiesa a quell’altissima povertà praticata da Francesco d’Assisi come forma di vita.
Proprio ora che l’uscita di scena controllata di Benedetto XVI apre la strada a scenari sinora impensabili, la liberazione dal potere temporale è la precondizione per qualsiasi magistero, è anzi magistero essa stessa. E renderebbe persino possibile un ritorno alle origini del cristianesimo, quando oltre che dal clero i vescovi venivano eletti dalla comunità dei fedeli, compresi gli schiavi, e le donne occupavano ruoli di leadership prima di essere marginalizzate e fatte tacere.
Tra i cardinali in Conclave c’è qualcuno che ha le caratteristiche per essere Francesco I?
Ammetto di non essere un fine conoscitore della Curia, mi informerò se esiste al suo interno un tale profilo.
Ma è bene ricordare quanto prevede il diritto canonico: ovvero che può essere eletto Papa chiunque sia battezzato e celibe. Anche un non prete, dunque.