Potevano essere coltissimi, e a loro modo lo sono, ma preferiscono giocare con tapparelle e terre dei cachi. Sono arrivati all’Ariston con due brani. Il primo era Dannati forever, che un cantautore arrabbiato (se ancora ne esistono) avrebbe rivestito di puro folk per accendere la miccia. Loro, no: lo hanno camuffato al punto che non tutti hanno udito le granate. E poi La canzone mononota. Quattro minuti di genio brado, difficoltà enormi e gradevolezza immediata. Basterebbe la strofa su Jobim per gridare all’epifania creativa. C’è molto di più: un capolavoro travestito da canzonetta.
Il Fatto Quotidiano, 15 Febbraio 2013