Ecco qui l’ultimo articolo che ho scritto con La Malfa per il Sole 24 Ore di oggi sulla politica economica. È un articolo denso, più complesso del solito, ma leggibile. In esso spieghiamo perché, oltre a soffocare il PIL e alimentare la disoccupazione (ben al di là di quanto gli indici ancora non registrino), l’austerità di Monti, in particolare, abbia danneggiato anche le finanze pubbliche.
Il tema vero, anche in prospettiva post elettorale, è la forza straordinaria della ‘politica di bilancio’ in questa fase, e quali conseguenze vi sono per le strategie macroeconomiche. Ho l’impressione che non si tratti solo di una questione tecnica, ma anche politica: alcune forze non hanno fra le loro priorità quella di contrastare la disoccupazione, ma semmai di strumentalizzarla per imporre la propria Agenda.
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Noto che quelli di ‘Fermare il Declino’, dopo aver sostenuto per anni l’austerità e le riforme strutturali come panacea contro la crisi, ora che i pessimi risultati del modello sono evidenti, cavalcano le critiche all’austerità! Ma giocano sulle parole. Cercano di salvare capra e cavoli. A tal fine sostengono che il problema non è l’austerità (tagli e tasse), ma ‘un certo tipo di austerità’: le tasse; la ‘loro’ austerità (che loro non chiamano austerità: camouflage) sarebbe un’altra cosa. Per FARE-FID, se l’austerità contenesse più tagli allo stato sociale funzionerebbe. Ebbene, questa tesi è pura propaganda: usa la crisi per suggerire false ricette, al fine di portare avanti l‘Agenda politica di quel movimento, che è la riduzione dello Stato sociale. Tengo a precisare che si tratta di una Agenda legittima: la discussione sullo stato sociale merita di essere fatta. Chi mi conosce sa che negli anni prima della crisi mi sono battuto (assieme a alcuni di loro) per il ritorno di una vera democrazia in Italia, per la riforma del sistema politico e quindi la decimazione degli abnormi privilegi della casta, e per una ridefinizione, ri-focalizzazione e ammodernamento dello Stato sociale. Ma strumentalizzare la crisi è inaccettabile.
È bene ripeterlo: le tesi di Giannino sulla crisi non ha alcun fondamento scientifico. In una rassegna della letteratura empirica che ho fatto di recente sull’argomento, 36 studi – fra cui diversi del FMI, del governo americano, di un consulente del Governo inglese (J.Portes), dell’OCSE, ecc., quindi non dell’Internazionale Socialista – indicano che i tagli (incrementi) alla spesa pubblica hanno un impatto negativo (positivo) sul PIL che ammonta a 1-3 volte il taglio (incremento) iniziale (a seconda dei settori), mentre l’aumento (riduzione) delle tasse ha un impatto pari a 0,1-0,8 volte sul PIL (l’aumento dell’IVA ha gli effetti più depressivi, intorno a 0,7).
Un solo studio (Alesina) trova risultati inversi, ma (a parte altri problemi) riguarda periodi storici senza depressione economica, e non è applicabile alla fase attuale (v. l’articolo sul Sole).
Dal punto di vista della politica economica, se ne deduce che i tagli alla spesa pubblica vanno programmati subito (ciò darebbe maggiore credibilità all’Italia sui mercati finanziari), ma eventuali tagli al welfare andranno realizzati quando la disoccupazione sarà scesa nuovamente sotto l’8%. Le ricette di Giannino sarebbero disastrose nella fase attuale. Avrebbero effetti peggiori di quelli che ha avuto Monti. Anche io credo che ‘il lungo termine’ è importante; ma il lungo termine è fatto anche di tanti ‘breve termine’, uno appresso all’altro.
PS: Leggete l’articolo sul Sole 24 Ore prima di commentare