In politica nulla avviene mai per caso. Men che meno quando un uomo come Giorgio Napolitano, nella sua ultima visita ufficiale negli Stati Uniti, si prende la briga di “difendere” oltre Oceano Mario Monti dagli attacchi che riceve, ormai quotidianamente, “da chi prima l’ha appoggiato”. Il Capo dello Stato, in realtà, ha voluto dare questo segnale di apprezzamento nei confronti del premier per un motivo molto preciso: rassicurare anche Obama che Monti avrà un ruolo importante anche nel prossimo governo. Una rassicurazione “in chiave Fiat”.
RUOLO NEL GOVERNO – La questione è all’attenzione delle discussioni più interne a largo del Nazareno, quartier generale del Pd. Per Monti è stato ipotizzato un ruolo di governo oppure la presidenza del Senato, non volendo Bersani commettere l’errore che fu di Prodi nel 2006, che dopo aver vinto le elezioni per una manciata di voti (24mila) si rifiutò di allargare la maggioranza concedendo al centro di Casini la guida di Palazzo Madama. Anche stavolta, in verità, quella poltrona è ambita dallo stesso leader Udc, ma concederla a Monti significherebbe togliere al Professore qualsiasi velleità di partecipazione governativa. Soprattutto evitare che si possa presentare con richieste “imbarazzanti” come il ministero dell’Economia o – peggio – dello Sviluppo economico. Casomai, si dice al Nazareno, gli si potrebbe concedere la Farnesina, facendo di certo uno sgarbo a D’Alema, ma se non altro lo si terrebbe al riparo da un conclamato “conflitto d’interessi”. Quale? Quello che, in qualche modo, è andato a difendere Napolitano con Obama: il ruolo della Fiat.
TUTELARE LA FIAT – Ebbene, Mario Monti, agli occhi degli americani e dei vertici della casa torinese, è l’uomo giusto per continuare a tutelare Fiat lasciandogli massima libertà di movimento. Un governo con Monti dentro, insomma, difficilmente presserebbe oltre misura la prima fabbrica del Paese costringendola a restare saldamente sul territorio nazionale. E ad investire prevalentemente in Italia come invoca invece la Fiom Cgil. Obama ha un interesse molto preciso in tutto questo gioco, anche se probabilmente non ne ha discusso in questa occasione con Napolitano semplicemente perché non ce n’è bisogno: Fiat, alla fine del 2013, si è impegnata a comprare il 40% di Chrysler. Se il nuovo governo dovesse cambiare rotta costringendo la casa torinese a riprendere in mano il progetto di “Fabbrica Italia”, lungamente sbandierato e mai decollato, per la Fiat diventerebbe impossibile tenere fede completamente agli impegni presi con gli americani. Di qui il nuovo endorsement di Napolitano che non a caso, appena uscito dallo studio Ovale, non ha perso occasione per tessere le lodi di Monti. Un segnale inequivocabile. Nel Pd masticano amaro, l’esistenza di un problema legato ad un presunto “conflitto d’interesse” di Monti con la Fiat viene sussurrato a mezza bocca, si evitano sapientemente giochi di seggiole e poltrone post elettorali quasi in modo scaramantico. Ma l’evidenza è tale che poi diventa difficile negare che esista un problema. D’altra parte, la “passione” di Monti per la Fiat emerge in modo palese anche dalla composizione della lista di Scelta Civica. Se Luca Cordero di Montezemolo, presidente Ferrari, è il primo sponsor del Professore, tra i candidati ci sono figure come quella del patron della Brembo, Alberto Bombassei, primo fornitore dei freni della Rossa di Maranello e delle ammiraglie della Fiat.
Il dilemma dei democratici, insomma, non è di poco conto. Il professore serve per l’alleanza nel caso in cui il Senato si riveli a rischio maggioranza, ma si esclude di potergli dare un ruolo di governo che metta pesanti ipoteche sulla futura “linea” di gestione economica del nuovo esecutivo. A partire proprio dal comportamento da tenere con la Fiat. La foto di Monti a Melfi, del resto, è forse la prova più pesante di questo intreccio e questo disturba non poco Bersani. Che ai suoi avrebbe detto, con la sua consueta genuinità contadina, che “prima si pensa a far ripartire l’Italia, poi vediamo di far felici anche gli altri…”. Ma chissà se Napolitano, al momento di dare l’incarico al prossimo premier, non metterà sul piatto interessi storicamente più importanti dei nostri anche sul suolo patrio…