Portammo da bimbi le scarpe di piombo
le aureole lievi dei figli di un sogno
parevano canne mozzate dal fiato
maschere opache costrette dal fato
Nascemmo fra i suoni di cose non dette
tra fiori di zagara e donne protette
incapaci, incoscienti di essere veri
figliocci di Omero, omertosi insinceri
Di cose non nostre fummo solo gli eredi
isolati stivali di convenienti misteri
cadaveri in marcia, statali impiegati
dal freddo e la guerra, falsi eroi acCIAccati
Che bomba quel giorno
Che grande silenzio
Che finta impotenza
Che odore d’incenso
Crescemmo tra gli Andri e gli otti confini
Impastati dal sangue di pochi inquilini
parevano anch’essi mozzati dal fiato
abbandoni isolati, Limati dal caso
Contammo le pizze, le piccole pizze
le carte, gli incarti, i fogli, le bozze
potente, impotente, la nostra famiglia
puzzava di stato, cosciente fanghiglia
Morimmo col sole, di maggio e di luglio
cadaveri in marcia, scortati da gigli
per chi è straniero in un paese distrutto
da diavoli e unti trapezisti in un circo
Che bombe Capaci
Che acre silenzio
Ch’è rossa D’Amelio
Che odore d’incenso
Gene Froio e Michele Amadori