Da anni ascolto con crescente perplessità le affermazioni sugli omosessuali pronunciate da alcuni politici italiani, peraltro accompagnati da una parte delle gerarchie cattoliche (che in quale modo finiscono per legittimarle).
Tra le molte, ne riporto alcune che hanno avuto grande eco sugli organi di stampa, attribuite al senatore Carlo Giovanardi:
“Donne che si baciano è come fare pipì in strada” ,
“Soldati gay in camere separate” ,
“Nessun olocausto nazista dei gay”,
e all’on. Paola Binetti,:
“L’omosessualità è una devianza”,
“Gay in lista? Potrei non candidarmi”,
“Le tendenze omosessuali fortemente radicate possono sfociare nella pedofilia”
È bene ricordare che in molti Paesi europei (e non solo europei) l’incitazione all’odio contro gli omosessuali è un reato, sanzionato penalmente, mentre in Italia non è previsto nemmeno come aggravante.
Esiste comunque una giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (alla cui convenzione l’Italia ha aderito) che riconosce il diritto di sanzionare chi spinge all’odio omofobo.
Per esempio, nella sentenza Vejdeland et autres c. Suède del 9 febbraio 2012, la Corte di Straburgo ha ritenuto legittima la condanna inflitta dalla Svezia ad alcune persone che avevano distribuito in una scuola dei volantini che presentavano l’omosessualità come una ‘propensione alla devianza sessuale’, come avente un ‘effetto moralmente distruttivo sulle fondamenta della società’ e come causa originaria dell’estensione dell’HIV e dell’AIDS. Ha sottolineato altresì la CEDU che la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale è grave quanto la discriminazione fondata sulla razza, le origini o il colore.
Utile anche rammentare che sugli Stati aderenti alla Convenzione EDU incombe anche un obbligo positivo per assicurare che i diritti tutelati dalla Convenzione siano effettivamente tutelati.
Credo sia quindi ora di domandarsi seriamente se, sul piano giuridico, espressioni come quelle che ho citato meritino spazio solo nella satira (di denuncia) di Checco Zalone e se le stesse, ove pronunciate in contesti diversi, siano invece meritevoli di un eventuale ricorso alla Corte dei Diritti dell’Uomo per verificare se la Repubblica Italiana sia inadempiente ai propri obblighi “positivi”, anche alla luce delle gravissime conseguenze che, ad avviso di molti, la tolleranza dell’omofobia sta generando in questi anni.
Mi stupisce, personalmente, che le varie associazioni a tutela della comunità LGTB non si siano ancora attivate innanzi alla Giustizia per porre fine a simili inopportune affermazioni da parte di alcuni politici e religiosi.