Da 25 anni Grace Amey-Obeng, ghanese, è in trincea per combattere una tendenza ormai molto diffusa: il desiderio di ottenere una pelle chiara con preparati decoloranti spesso tossici e dannosi. Con la sua azienda - "Forever clair" - fattura fino a 10 milioni di dollari ogni anno vendendo prodotti studiati per le caratteristiche specifiche dell'epidermide delle donne di colore
Il desiderio di una pelle chiara on è più una stravaganza da star, come Michael Jackson, ma un fenomeno che in Africa ha assunto dimensioni preoccupanti. Le donne africane usano sempre più prodotti sbiancanti per la pelle, spesso di pessima qualità, rischiando la salute. Per questo da venticinque anni una donna ghanese, Grace Amey-Obeng, è in trincea per combattere una pericolosa tendenza e aiutare le donne africane a preservare la bellezza naturale della loro pelle. Un proposito che è anche un business di successo, tanto che la Amey-Obeng è diventata una delle donne d’affari più ricche dell’Africa occidentale.
Per lei parlano i numeri: la sua azienda – la “Forever clair” – fattura dagli 8 ai 10 milioni di dollari ogni anno, vendendo prodotti studiati per le caratteristiche della pelle scura e del clima africano. Tutto è nato a metà anni Ottanta, quando la Amey-Obeng rientra in Ghana dopo aver studiato da estetista in Gran Bretagna e si rende conto della diffusione sempre più capillare dei prodotti per sbiancare la pelle. “Tante donne hanno avuto la pelle distrutta da quei cosmetici – spiega l’imprenditrice in un’intervista alla Bbc – Con questo tipo di clima, i danni provocati dallo sbiancamento sono spesso irreparabili”. Così la Amey-Obeng decide di aprire una clinica estetica, facendosi prestare i soldi, una cifra pari a 100 dollari, dalla famiglia “perché nessuna banca in Ghana mi avrebbe fatto credito”.
L’altra grande intuizione arriva con la pratica, perché “i prodotti che raccomandavamo di usare erano spesso troppo costosi per le clienti”, racconta l’imprenditrice. Nel 1998 Grace Amey-Obeng lancia così la sua linea di cosmetici a prezzi abbordabili e, soprattutto, adatti alle caratteristiche della pelle femminile delle africane. Ora esporta i suoi prodotti in Nigeria, Togo, Burkina Faso, Costa d’Avorio e persino Svizzera e Gran Bretagna, e nel 1999 è riuscita a coronare il suo sogno: aprire un’accademia per insegnare il mestiere di estetista alle ragazze ghanesi. I college ora sono diventati sei e la Amey-Obeng ha avviato anche un’attività filantropica, attraverso la fondazione che porta il suo nome.
Il merito principale della donna d’affari ghanese resta però la sua lotta contro l’abuso dei prodotti sbiancanti. La pratica, secondo l’Economist, è diffusa in Africa fin dagli anni Cinquanta e muove un’industria che arriverà a valere 10 miliardi di dollari nel 2015, a quanto stima un rapporto di Global industry analysis. Al fenomeno ha dedicato uno studio anche l’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui lo sbiancamento della pelle è diffuso soprattutto in Nigeria, dove addirittura il 77% delle donne lo ha provato, e tocca percentuali ragguardevoli in Togo (59%) e Senegal (27%). In Sudafrica, rivela una ricerca dell’Università di Città del Capo, una donna su tre si schiarisce la pelle.
Alla base di questo successo c’è il falso mito del “bianco è bello” e la convinzione che una carnagione più chiara renda le donne africane più attraenti e “occidentali”. In India, dove i prodotti decoloranti costituiscono i due terzi dell’intero mercato dei cosmetici, è stato lanciato persino un detergente intimo specifico. Tutto questo ha un prezzo: molti di questi prodotti contengono sostanze come mercurio e idrochinone, che possono causare danni al fegato, eruzioni cutanee e anche, secondo l’Oms, problemi psicologici in caso di uso eccessivo. I maggiori rischi riguardano i prodotti venduti a poco prezzo al mercato nero. “Pochissime persone in Africa sono al corrente di quanti composti tossici siano presenti in questi cosmetici – commenta il dottor Lester Davids, ricercatore dell’ateneo di Città del Capo – Bisogna fare di più per informare ed educare la popolazione”.
In questo contesto l’attività di Grace Amey-Obeng ha un grande valore. Anche il nome della sua azienda, che potrebbe trarre in inganno, in realtà ha un significato preciso. “Fc” infatti, sta per “Forever clair”, ossia “per sempre chiaro”. Un chiaro che però “non si riferisce alla carnagione – racconta l’imprenditrice alla Bbc – ma alla luce, alla speranza che arriva dal cuore”. E che dovrebbe aiutare le donne africane a lottare contro i falsi miti.