Il paradosso delle porte girevoli di Wall Street che vede gli ex funionari della Sec, l'autorità americana di vigilanza sui mercati, arruolati nelle fila della grandi corporation finanziarie con l’obiettivo di favorirne gli interessi nei conflitti con la stessa authority
Gli americani parlano di “revolving door”, il fenomeno della porta girevole. Flusso costante, a volte di interscambio, tra il mondo dei controllati e quello dei controllori. Tutto legittimo, d’accordo, ma non per questo privo di conseguenze. Specialmente quando di mezzo ci sono la Securities and Exchange Commission (Sec), la vigilanza di Borsa americana, e il mondo di Wall Street, endemicamente allergico alle strette regolamentari o alle indagini troppo approfondite. Da anni, sottolinea uno studio del Project On Government Oversight (POGO, un’organizzazione indipendente di Washington), ex impiegati della Sec vengono arruolati nelle fila della grandi corporation finanziarie con l’obiettivo di favorirne gli interessi nei conflitti con la stessa autorità regolamentare. E il risultato, manco a dirlo, è un indebolimento dell’efficacia della stessa authority.
Una volta abbandonata la Sec, i funzionari che trovano impiego a Wall Street rappresentano una risorsa fondamentale per le società finanziarie. È grazie alla loro esperienza, infatti, che gli ex funzionari possono affiancare le major nel “tentare di influenzare le riforme regolamentari, contrastare le indagini sui presunti illeciti, attenuare i provvedimenti dell’authority, bloccare le proposte degli azionisti e ottenere esenzioni in deroga alla legge federale”. Il regolamento della Sec impone agli ex dipendenti di comunicare la loro intenzione di rappresentare un cliente privato: dal 2001 al 2010, sostengono i ricercatori, si sarebbero contate quasi duemila comunicazioni del genere. Un dato che non riesce da solo a identificare la dimensione del fenomeno, visto che l’obbligo di comunicazione, a norma di legge, vale solo per i primi due anni dopo le dimissioni dalla Sec.
Nell’agosto del 2012, la numero uno dell’agenzia Mary L. Schapiro si è vista costretta ad alzare bandiera bianca nel suo tentativo di regolamentare il settore dei money market funds, un segmento di mercato da 2.700 miliardi di dollari. A bloccare il piano di riforma è stata l’opposizione di 3 dei 5 commissari dell’authority, convinti dalla paziente opera di lobbismo di Wall Street. L’aspetto interessante, nota il rapporto, è che “molte delle persone che avevano esercitato pressioni a sostegno degli investitori avevano una caratteristica in comune: avevano lavorato in passato per la Sec per poi passare attraverso la porta girevole ed unirsi all’industria finanziaria”.
Già nel 2010, il Center for Responsive Politics (Crp), un’organizzazione indipendente di Washington che da oltre 25 anni monitora le attività dei gruppi di lobbying, aveva lanciato l’allarme. Osservando i dati disponibili, si scoprì infatti che su circa 500 dipendenti federali che si erano dimessi all’epoca dalle agenzie di controllo, 148 si erano registrati come lobbisti. L’analisi sul caso Sec presentata dal Pogo va però oltre, evidenziando nelle pagine della relazione la ricaduta del fenomeno sull’efficacia stessa del ruolo dell’agenzia di controllo. “Il movimento delle persone da e verso l’industria finanziaria (…) – sottolinea il rapporto – ha il potere di influenzare la cultura e i valori dell’agenzia. Un aspetto importante visto che la Sec ha il potere di incidere sugli investitori, i mercati finanziari e l’economia”.