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Qualche giorno fa è stato pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry uno studio dal titolo “Optimal Outcome in individuals with a history of autism” (esito ottimale in individui con una storia di autismo) che descrive l’evoluzione positiva della patologia in 34 soggetti diagnosticati come autistici prima dei 5 anni. I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da una spiccata riduzione dell’integrazione sociale e della comunicazione e vengono generalmente considerati irreversibili. Tuttavia da anni alcune ricerche hanno indicato come una percentuale di soggetti che varia dal 3 al 25% a seconda degli studi, non rientri più nei criteri diagnostici dell’autismo a distanza di anni dalla prima diagnosi. In alcuni casi questo sembra dovuto a un’errata diagnosi iniziale, ma in altri, e in questo specifico studio, i ricercatori sostengono si tratti di persone che nel tempo sembrano uscire dalla condizione autistica.
Gli autori sottolineano che le persone con esiti migliori sono quelle con “più elevata funzionalità cognitiva e sintomi più sfumati” all’esordio e che molti di essi sono stati aiutati con terapie comportamentali fin dall’infanzia. Tra i soggetti considerati non più autistici nello studio, alcuni continuavano però ad avere deficit nell’interazione sociale anche se i ricercatori non hanno considerato tali deficit come riconducibili all’autismo. Inoltre parte dei test svolti nello studio coinvolgono genitori e operatori sanitari e non sono misurazioni dirette delle prestazioni dei soggetti. I dati vanno quindi interpretati con cautela e come gli autori stessi sottolineano, saranno necessari molti altri studi per comprendere meglio la malattia e i suoi sviluppi.
Nel frattempo però i media americani hanno dato risalto allo studio e, come spesso accade quando si parla di autismo, sono esplose subito le polemiche. Da anni si discute se l’autismo possa essere causato dai vaccini con la medicina ufficiale che sostiene di no e molta della medicina complementare che rimane convinta di sì. Anni fa fu pubblicato su Lancet uno studio di Andrew Wakefield che sembrava provare una relazione tra autismo e vaccini. Lo studio però fu successivamente ritirato dopo che Wakefield fu oggetto di uno scoop giornalistico che portò ad un indagine disciplinare e all’accusa di aver falsificato i dati. Wakefield, che si è sempre proclamato innocente, ha scritto un libro sull’intera vicenda in cui si dichiara vittima di un complotto ma altri studi non hanno confermato alcuna correlazione tra autismo e vaccinazioni.
Difficile dire se i risultati dello studio in questione indichino una reale guarigione o piuttosto una progressiva maggiore capacità di compensare la patologia da parte dei malati. Certo c’è da augurarsi che meno polemiche e più ricerche possano portare ad una migliore comprensione della malattia e soprattutto a qualche aiuto in più a ogni nucleo familiare che si trova ad affrontare il problema dell’autismo.