Certo, la storia del confronto televisivo finale tra i leader delle coalizioni è sconcertante nei suoi aspetti furbeschi (lo faccio solo se mi conviene) e infantili (se c’è anche lui io non vengo). Ma non per questo è meno indicativa del livello e della qualità dei protagonisti e dimostra, ancora una volta se ve ne fosse bisogno, da che parte stanno il buon senso, la logica e la buona educazione istituzionale. Che si concentrano esclusivamente nel comportamento di Bersani, quando richiede che il confronto si faccia tra tutti e sei i leader, per un motivo molto semplice: tante sono le coalizioni che partecipano alla competizione elettorale. La cosa potrà non piacere a qualcuno e visibilmente non piace a Berlusconi, almeno a giudicare da come se ne va in giro accigliato nelle varie esibizioni televisive e da come i suoi giornali bastonano Monti e Giannino.

A lui piace solo la sfida a due, il mezzogiorno di fuoco, il duello finale in cui tirar fuori le sue spacconate, il clima elettorale di scontro tra il bene e il male, che giustifichi la messa in onda, la sera del sabato preelettorale su Retequattro, di un film della serie Peppone e don Camillo. E invece, questa volta non è così. Anche se a lui non piace e continua a negare l’evidenza, questa volta ci sono in giro troppi Peppone e, per di più, don Camillo ha perso la fiducia del suo vescovo. Ma Berlusconi è Berlusconi e la negazione della realtà è un elemento costitutivo della sua personalità politica. Chi mi sorprende è Monti, a cui qualche credito in più sul piano del rigore logico e istituzionale lo attribuivamo, e che ora se ne esce con la proposta del confronto a tre. E i tre chi li sceglie? In base a cosa? In base a un talent, con progressiva eliminazione e umiliazione dell’escluso come a Masterchef? Solo quelli laureati con lode oppure solo quelli simpatici? Non certo in base al peso politico, visto che, in questo caso la sua coalizione non sembra essere tra i primi tre e, tra le altre, quella di Ingroia alla fine potrebbe anche rivelare una consistenza non molto inferiore alla sua. Insomma ipotesi assai campata in aria per un professore.

A dar ragione a Bersani, inoltre, c’è un fatto nuovo, recente, che ha spazzato via una serie di luoghi comuni. Il fatto nuovo è il confronto tra i vari candidati alle primarie del Pd organizzato e trasmesso da Sky Tg 24 nell’autunno scorso. Un confronto serio, civile, ordinato, chiaro, condotto da un signor giornalista, molto seguito dal pubblico, che ha fatto piazza pulita della vecchia storiella che attribuisce solo al faccia a faccia all’americana la capacità di fare un’informazione interessante e utile ai cittadini. Ma l’ipotesi di riprodurre quel formato anche per la competizione elettorale è troppo logica, troppo sensata per essere presa in considerazione. C’è il rischio che poi gli elettori capiscano troppo e colgano le vere differenze politiche tra i diversi partecipanti, i loro valori di riferimento e i loro progetti di società. Roba vecchia, roba da Pd, meglio non far niente.          

 

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