C’è una fotografia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che ha riempito i giornali dell’epoca: è quella in cui i due magistrati sono ritratti insieme, sorridenti, il viso dell’uno accanto al viso dell’altro, quasi a fondersi, assecondando una complicità, cui le parole non servono.
Dal 1992, conservo quel vecchio ritaglio di giornale quasi come una reliquia ed è da allora che il ritaglio, ingiallito ormai, è lì, sulla mia scrivania, accanto ad una fotografia dei miei figli, in un’unica cornice.
Ogni mattino, inizio così la mia giornata rivolgendo un dolce pensiero ai miei ragazzi e ricordando, sempre con una stretta al cuore, i due magistrati uccisi.
Tanta è l’abitudine di vederli insieme che mi è sembrato, a volte, che i sorrisi degli uni ammiccassero a quello degli altri, in un segreto pensiero, tutto loro: il sorriso dei miei figli, ritratti in quella giovane età in cui si guarda al mondo con ingenuità e fiducia ed il sorriso dei due magistrati. Avrei voluto penetrare quella sorta di mistero che pareva unire il sorriso sornione e timido dei miei figli, aperti ad un mondo ancora da scoprire, a quello complice e irridente di Falcone e Borsellino, all’epoca già ben consapevoli di quanto il loro destino fosse segnato da un presagio di morte.
Nei lunghi anni trascorsi da quei tragici momenti della nostra storia, dopo aver tanto letto sulla loro vita, pubblica e privata, ho maturato l’idea che il loro sorriso, così lieve e naturale, provenisse dall’intima convinzione che pervade e rasserena l’animo di colui che è certo di aver fatto sempre il proprio dovere, con la massima onestà, impegnandosi per far rinascere, nelle generazioni future, la speranza di un mondo migliore.
“Chi ha paura muore due volte”, diceva Borsellino.
Forse è proprio questo il messaggio racchiuso in quel lontano sorriso di due magistrati, galantuomini e coraggiosi ed era destinato a noi, indegni osservatori di tanta eroismo ed abnegazione ma soprattutto a loro, ai giovani, affinché trovino la forza di non nascondersi, di non fuggire, di non avere paura.
Ora so perché la fotografia sorridente di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è lì da vent’anni, in compagnia dei miei figli: la loro ‘simbolica’ vicinanza ha lasciato un’indelebile traccia: il terreno è stato seminato e ne ho già visto i frutti.
GianCarla Rognoni