Si è tenuto nella Capitale inglese "l’Official London plus size fashion weekend", tre giorni di passerelle dedicate alle modelle che non rispettano le misure standard imposte dal mercato. Il settore è economicamente molto vitale: chi vende abiti oversize registra un aumento degli affari del 155%
Dalla Fashion week di Londra parte la riscossa delle donne “curvy“, cioè in carne, formose, lontane dal paradigma della modella stecchino. Si è conclusa a Shoreditch, nella Londra più hipster e al passo coi tempi, l’Official London plus size fashion weekend, tre giorni di passerelle dedicate alle donne che non rispettano le misure imposte dai grandi marchi. È la prima volta che un evento di questo genere arriva nel Regno Unito e persino Jo Swinson, sottosegretario con le deleghe per le donne e l’uguaglianza di genere, vi ha preso parte. Sotto la passerella si sono incontrate agenzie di modelle che esplorano questo “nuovo” settore, brand della moda, persino associazioni per la difesa dei diritti civili. Perché, sostengono gli attivisti, anche le donne con molte curve hanno diritto a potersi vestire in modo eccentrico, elegante, raffinato o all’avanguardia.
Swinson ha detto: “Le grandi aziende della moda si devono rendere conto che la bellezza ha diverse facce. E che se le donne in carne vengono evitate, questo vuol dire che allora chi produce moda non riconosce la diversità della bellezza in questo Paese”. Negli ultimi anni non sono mancati esempi di modelle “alternative”, come Crystal Renn e Robyn Lawley. Ma, il più delle volte, fanno notare gli operatori del settore, la loro apparizione sulle passerelle è più che altro un elemento “esotico” da aggiungere allo spettacolo. Le modelle, del resto, ossessionate dal peso e dalla forma fisica, lo confermano: basta essere di una taglia in più per essere escluse dai giochi.
Non la pensano così le aziende che invece hanno cominciato a produrre abiti di classe per donne con le curve, come ad esempio la ‘One one three‘. Una delle fondatrici, Najma Ali, ha sempre dichiarato esplicitamente la sua filosofia: “Molte persone ci dicono che le donne in carne non possono indossare certi abiti o certa lingerie. Noi, semplicemente, non le ascoltiamo”.
Il mercato, tuttavia, mostra un primo segnale di interesse. Si moltiplicano blog e siti per donne con qualche taglia in più; Asos, il retailer online, lancia con successo la sua linea ‘Curve collection’; e ora in edicola è persino possibile trovare magazine specializzati, come Slink. Chi ha il coraggio di vendere abbigliamento con queste caratteristiche ha registrato, nel 2012, un aumento del giro di affari del 155%, come testimoniano le ricerche di mercato. Per ora, l’Official London plus size fashion weekend è completamente autofinanziato dalle organizzatrici, Rianne Ward e Remi Ray.
Ma le due donne sperano di attirare, per le prossime edizioni, l’attenzione dei grandi marchi, per capire se questa “kermesse egualitaria” possa mai avere la forza della settimana della moda stessa. Per ora, però, una realtà come la 12+ UK Model Agency, che cura “models with curves”, si è tenuta lontana da questa tre giorni, non condividendone la filosofia. “Non amiamo la ghettizzazione”, dicono dall’agenzia. E si capisce così quante tensioni possa provocare un corpo non convenzionale, almeno per gli standard della moda, quando desidera salire sulle passerelle.