A meno di tre mesi dalla scadenza del debito da 1,7 miliardi, Mediobanca, Generali e Intesa tornano a fare i conti con le perdite registrate dall'ingresso nel gruppo di telecomunicazioni al posto della Pirelli di Tronchetti Provera. Il saldo nel quinquennio supera i 5 miliardi
Se andrà in porto, nonostante tutta la fretta di portarla a termine, la vendita di La7 è tutt’altro che risolutiva per le sorti degli azionisti della controllante Telecom Italia. Lo sanno bene Mediobanca, Intesa e Generali, che insieme agli spagnoli di Telefonica hanno in mano il 22,4% del gruppo di telecomunicazioni attraverso la holding Telco. All’indomani del cda che ha deciso di tirare dritto con la trattativa con Urbano Cairo, infatti, Telco ha svalutato la sua quota nella compagnia telefonica a 1,2 euro ad azione, contro il valore iscritto a bilancio di 1,5 euro.
La differenza non è da poco: complessivamente la rettifica di valore è costata 920 milioni di euro (circa 100 milioni a testa l’impatto a catena su Intesa e Mediobanca, 300 milioni quello su Generali) ha comportato per la holding una perdita di 818 milioni di euro nel semestre chiuso il 31 ottobre 2012. Il saldo delle perdite registrate dai soci subentrati a Tronchetti Provera dal 2007 a oggi è così salito a 5,2 miliardi di euro, secondo i calcoli del Sole24Ore. La rettifica, precisa Telco in una nota, “riflette le considerazioni svolte dal consiglio sull’andamento e le prospettive della partecipata ed è coerente con una valutazione condotta da una banca di investimento internazionale di primario standing che ha rilasciato una fairness opinion sulla congruità del valore di carico”. E questo nonostante in Borsa Telecom Italia valga quasi la metà di 1,2 euro: la chiusura di oggi è di 0,62 euro per azione (0,6-093 euro la media degli ultimi 12 mesi) valore che è stato raggiunto in un anno di perdite per oltre il 20 per cento.
Il conto, quindi, avrebbe potuto essere ben più salato se Telco avesse tenuto in conto le valorizzazioni della Borsa: dopo la svalutazione, il valore di carico della quota detenuta dalla holding in Telecom ammonta a 3,604 miliardi, cioè poco meno del doppio di quanto la valuti Piazza Affari. Del resto i soci di Telecom devono già fare i conti con il dimezzamento dei dividendi che arriveranno dalla compagnia telefonica. Non solo. Per non costringere i soci a mettere mano al portafoglio e ricapitalizzare la compagnia, il gruppo guidato da Franco Bernabè oberato da 28 miliardi di debiti scaricati sulla società dai vari proprietari che si sono susseguiti dalla privatizzazione in giù, ha pianificato l’emissione di obbligazioni ibride per massimi 3 miliardi. L’operazione, però, non sta andando liscia come previsto: subito dopo la diffusione dei conti 2012 Telecom è finita nel mirino delle agenzie di rating con il conseguente incremento potenziale dei tassi d’interesse da pagare sul nuovo debito. E ora, secondo quanto riportava oggi Bloomberg News, starebbe pensando di rinviare la prima tranche di emissioni. E intanto per Telco si avvicina la scadenza del prestito obbligazionario da 1,7 miliardi sottoscritto dagli stessi soci. Il termine è per maggio. Non solo. La quota Telecom di Telco è in garanzia alle banche creditrici e, secondo indiscrezioni di stampa, un tuffo del titolo sotto la soglia di 0,6 euro potrebbe far scattare la richiesta di reintegro del pegno.