Il sogno non mentiva:
era una giornata calda e afosa
egli vagava solo per i dintorni
d’una antica tenuta feudale,
si fermò davanti a un gran cancello
sfatto e arrugginito
di là, sparse, colonne e statue spezzate.
L’abbandono e l’ora rendevano
la solitudine più penetrante.
Giovanni si sedette all’ombra
su un capitello caduto:
sembrava che qualche cosa dovesse succedere.
Due giovani cerbiatti
frugavano fra le foglie morte;
la presenza delle due creature
dava a quell’abbandono un pò di vigore,
cadendo come un petalo di tenerezza
sulla solitudine del luogo.
Si sentì in compagnia.
All’improvviso un branco di lupi
entrò nel recinto
con furia e fame feroce;
lui si volse coprendosi il volto con le mani
per la scena di sangue e orrore.
Furono sbranati e divorati!
Morire per qualcuno
o per qualche cosa è nell’ordine,
però occorre esser certi
che qualcuno sappia
per chi o perché si è morti;
e qui comincia la nebbia.
Nessuno muore con la propria faccia
si muore con una maschera sul volto,
non è stato così per Giovanni e Paolo
calati nella tomba
senza la propria maschera.
Uomini importanti che contano
con una maschera da vivi
ordinano l’atroce assassinio;
la brutalità del selvaggio
non è che un pallido fantasma
di fronte alla ferocia di uomini civili.
Tra sangue, polvere e ferraglia
vola in mille pezzi verso il cielo
la maschera dei due eroi;
mentre il sole sale
accorciando l’ombra umana
là, sulla collina.
Né macelleria, né recinto patibolare,
si può paragonare;
i peggiori di quei mostri
sono quelli che praticano qualche virtù;
fanno più paura quando
non si può disprezzarli completamente.
Ci si abitua alla crudeltà,
alle leggi truccate,
alla disuguaglianza di condizione,
come ci si abitua alle guerre
suscitate dalla scempiaggine umana.
Queste leggi inoperanti
non colpiscono i ricchi
e i grandi di questo mondo,
esse infieriscono su individui più oscuri.
Ma l’oscurità stessa è un rifugio:
malgrado gli ami e le reti,
la maggior parte dei pesci
prosegue nelle profondità buie
la propria rotta.
In questo mondo
la ferocia stessa è pura:
il pesce che guizza sotto l’onda
diventa un boccone sanguinante
nel becco dell’uccello pescatore.
Ma l’uccello non dà
cattivi pretesti alla sua fame.
Le maschere del male
corrompono e comprano
per trenta denari
la coscienza dell’uomo debole.
L’opera è perfetta
hanno spinto nelle nebbie
la speranza d’una giustizia terrena
col massacro dei loro simili.
Sono sempre sereni 3
ma distratti sulla fine,
la Morte gioca a nascondino
trae vantaggio di tutto ciò che fanno.
Si fidanza con tutti
e tutti si fanno in quattro
per portarle una dote,
vogliono essere tutti ricchi
prima di morire.
Questi principi del foro
pensano di vivere
tante volte come gli alberi,
che a tutte le stagioni
nuove foglie metteranno.
Per noi c’è solo una primavera,
soltanto un’estate e poi…la fossa.
Siciliani! Desiderio d’immobilità e di oblio
attratti sempre dal passato,
proprio perché morto
odieranno sempre chi li vorrà svegliare.
Paese dove al centro c’è l’inferno
e intorno la bellezza,
paese dove pullulano i monumenti del passato
ma non creati da noi,
ci osservano da tutti i lati
come fantasmi ciechi, sordi e muti.
Popoli diversi son sbarcati,
magnifiche civiltà
nessuna germogliata da noi,
li abbiamo solo riveriti
tranne qualche raro esemplare illuminato.
Questi due poeti della giustizia
ci volevano svegliare da secoli di sonno,
dalla miseria morale;
ma noi siamo perfetti:
la vanità è più forte
della nostra miseria.
Giovanni e Paolo
sapevano d’antica Grecia,
con l’agire più o meno retto dell’uomo
si sarebbe avuto un progresso
o un regresso nella civiltà umana.
La fedeltà alla verità e giustizia 4
era l’unica stella polare,
la loro presenza illuminava e profumava
come un candido gelsomino,
erano i due frutti
più belli della mia terra.
Forse la morte cancella
il moto e la forma dell’anima,
non la sua sostanza
non le loro idee cristalline.
La dedizione e l’amore
per il proprio lavoro eran poesia
e la poesia non muore mai.
Salvatore De Pasquale