Le notizie più recenti sulle prossime elezioni riguardano il timore che le nevicate annunciate per il fine settimana possano influire sull’esito del voto. Non siamo messi bene. In effetti, con il “porcellum”, che non prevede preferenze, i candidati in fondo alle liste potrebbero sconsigliare perfino i parenti dall’inzupparsi le scarpe per un voto che non li vedrà salire su alcuno scranno. Naturalmente sto scherzando ma lo faccio disarmato per quanto un’elezione cruciale per il futuro del Paese e dell’Europa sia stata ridotta a un azzardo di alleanze, riesumazioni di bugiardi che credevamo screditati per sempre e scambi di invettive, che hanno comunque messo sullo sfondo contenuti e problemi cruciali. Il mio resta comunque un invito a andare a votare a tutti i costi per riallacciare quel rapporto tra politica e società che gli ultimi 20 anni hanno liquefatto.
Su questo blog tratto soprattutto di energia e dell’attenzione che meriterebbe una trasformazione epocale del sistema. Pane per la politica, che però da noi non se ne occupa quasi, delegando alle lobby energetiche la continuità degli interessi ereditati dall’era del petrolio e del gas.
Per alcuni argomenti che sintetizzo qui di seguito, meriterebbe di giocarsi la poltrona, ma non compaiono mai nei talk show, invasi giornalmente da volti che assicurano miracoli di crescita, benessere e meno tasse.
Nel 2012 la domanda di energia elettrica è diminuita del 2,8% rispetto al 2011. Le uniche fonti energetiche che vedono aumentare la propria produzione sono il fotovoltaico e l’eolico. In 4 anni la produzione da solare FV è aumentata del 2.600%. Le due fonti insieme coprono il 9,5% della domanda elettrica nazionale. Il Governo però le sta disincentivando e ostacolando, con perdite cospicue di imprese e posti di lavoro.
Sta nascendo negli Usa una rivolta contro le compagnie delle fonti fossili che chiede di vendere le azioni di società del settore o semplicemente di non investirvi. L’argomentazione di fondo deriva dalla riflessione che gran parte delle riserve di combustibili fossili del pianeta non dovranno essere utilizzate per non superare l’incremento di 2°C della temperatura per evitare conseguenze climatiche. In queste settimane sono stati valutati 14 grandi progetti: dall’enorme espansione delle estrazioni di carbone in Australia, Cina, Stati Uniti e Indonesia alle nuove frontiere dell’estrazione petrolifera nell’Artico e in Brasile, allo sfruttamento delle sabbie bituminose in Canada, fino ai nuovi progetti di sfruttamento del gas nel Mar Caspio e negli Stati Uniti. Se realizzati, porterebbero a 4°C l’aumento in atmosfera entro il 2035. In compenso, in Italia pensiamo di costruire 11 rigassificatori e di aumentare la quota di petrolio nazionale.
La ricerca internazionale mette in evidenza quanto sia sfavorevole il bilancio energetico del motore a scoppio alimentato a biocombustibili. Meglio investire in auto elettriche alimentate con celle solari, come afferma uno studio dell’Università della California (Environmental Science & Technology, 26 dicembre 2012). Intanto nel nostro Paese, magari con le migliori intenzioni, viene promosso un consorzio europeo di “leader di biocarburanti sostenibili” sostenuto da grandi imprese come Chemtex Italia, British Airways, BTG Biomass Technology Group B.V., Clariant. Vogliamo discutere a livello scientifico e politico del futuro dell’auto e della mobilità e farne tema di politica industriale, anche con i Marchionne fermi alle Jeep e ai SUV e i numerosissimi produttori di biocombustibili, oggi incentivati direttamente dal Governo anche quando non sono affatto “sostenibili”?
La francese Gdf Suez realizzerà in Marocco un parco eolico di 300 megawatt, il più grande di tutto il Nord Africa. Tutta l’energia prodotta resterà nel paese africano. Ma che fine hanno fatto i progetti di Rubbia per il solare a concentrazione e la sperimentazione del parco Archimede in Sicilia? Intanto Enel continua ad occuparsi di nucleare in Europa e di megadighe in Patagonia.
Dopo la conferenza di Doha il concetto di “perdite e danni climatici” sta crescendo d’importanza. Si invitano gli Stati con più alte emissioni di climalteranti ad avviare azioni per prevenire e porre rimedio ai danni causati. In questa prospettiva, gli Stati che con la loro legislazione e azione permettono alle proprie imprese di inquinare dovrebbero risponderne finanziariamente agli altri, ovunque si trovino. Non sarebbe allora il caso di essere preveggenti e andare oltre il protocollo di Kyoto, viste le nostre inadempienze?
In Italia sono stati sottoposti all’UE 535 piani di azione comunali per l’energia sostenibile (SEAP), ma non esiste un coordinamento nazionale o anche solo per regioni: intanto il piano energetico nazionale (SEN) viene redatto centralmente dagli esperti di McKinsey!
In compenso sul Corriere del 13 febbraio, Francesco Giavazzi e Alberto Alesina, due economisti di casa ad Harvard e alla Bocconi, non trovano di meglio che trinciare giudizi da bar per deplorare la diffusione delle fonti alternative, a loro dire indecentemente costose, lesive dell’innovazione e, perché no, del nostro accesso al club un po’ demodé del nucleare.