Ospite a radio Rai, il Professore ammette di aver rinunciato alla possibilità di succedere a Napolitano, lancia Emma Bonino per il Colle e spinge per la grande coalizione come unica possibilità di governo stabile (e con il leader del Pd come premier)
Grillo? Non va snobbato. Bersani? Può governare bene (ma poi smorza i toni). La grande coalizione? Necessaria. Il Quirinale? Un’occasione sfumata, ma ora vede bene Emma Bonino. E’ un Mario Monti diverso dal solito quello ospitato da Radio Anch’io. Per la prima volta il Professore parla della possibilità di succedere a Napolitano come un’opportunità a cui ha rinunciato: non lo dice, ma sembra quasi pentito di non aver accettato. Pensieri chiari: “Mi dicono che se io me ne stessi tranquillo sarei tra i più accreditati a diventare Presidente della Repubblica. Ho fatto una grande rinuncia e non ho idea se ci siano ancora delle possibilità” ammette il Professore. Che un nome per il Colle vuole spenderlo: “Emma Bonino sarebbe una candidata molto buona. In Commissione Ue insieme abbiamo fatto un ottimo lavoro. E’ una di quelle persone di cui ce ne vorrebbero di più”.
Poi le considerazioni sul governo e il ‘mezzo endorsement’ per Pier Luigi Bersani, ma sempre partendo dal paragone con il Cavaliere. ”Berlusconi ha fatto tante promesse che dice di aver mantenuto, ma gli italiani sanno che non è così” dice Monti, il quale invece crede che “Bersani possa governare molto bene, ma al di là dei ministeri che ha retto in passato, anche lui non è comprovato e dovrà essere comprovato come presidente del Consiglio”. Una precisazione, quella su Bersani, che Monti puntualizza ulteriormente. ”Di Bersani – dice – ho detto che non sappiamo come governerebbe, ove mai fosse presidente del consiglio. Penso che sarebbe capace di farlo, perché ha fatto bene il ministro dell’industria. Ma governare bene significa fare le cose che servono al Paese per avere più crescita ed equità”. Ma non può mancare l’attacco alle ali estreme della coalizione. “Credo che il centrosinistra abbia quell’intenzione, ma sono anche convinto che quella coalizione, per la storia di alcune componenti politiche e sindacali di riferimento, non lasci intravedere la capacità e forse nemmeno la volontà di prendere quelle misure che renderebbero davvero competitivo il Paese”. Per esempio, aggiunge Monti, “la Cgil ha peso nelle politiche del Pd e io devo constatare che è l’unica sigla che non ha sottoscritto il patto sulla produttività”. Solito refrain, quindi, e solita conclusione: “Una grande coalizione credo che sia una esperienza necessaria quando si identificano obiettivi molto difficili da raggiungere – dice il presidente del Consiglio – In una emergenza sociale ed economica grande ovviamente bisognerebbe dare precedenza all’interesse del Paese su quello individuale”. Quindi l’obiettivo vero e proprio: “Vorremmo governare con coloro che fossero d’accordo nell’impegnarsi per aggredire quegli ostacoli che impediscono all’economia italiana di progredire, compresa una riforma sulla giustizia”. Prove di accordo tecnico con il Pd? Sarà, ma intanto Monti si presta a considerazioni ‘altre’ su Beppe Grillo.
Non parla di lui come il simbolo dell’antipolitica. Non lo accusa perché non risponde alle domande dei giornalisti. Non lo sminuisce dicendo che il suo è un consenso a scatola chiusa. Ma da qui a parlare di apertura ce ne passa. Eppure le parole di Monti su Grillo sono diametralmente opposte rispetto a quelle degli altri competitor e acquistano un peso specifico importante specie dopo l’ennesimo bagno di folla (questa volta a Milano) di cui è stato capace il leader dell’M5S in questi ultimi giorni di campagna elettorale.
Il candidato premier di Scelta Civica, ospite ai microfoni di Radio Anch’io su RadioRai, usa parole nette. “Governare con Grillo? Non so, credo che sia difficile” è il pensiero dell’ex rettore dell’università Bocconi, che tuttavia sottolinea di rispettare, e non poco, l’elettorato che sceglierà Movimento 5 Stelle. “Quelle energie è fondamentale non trascurarle e snobbarle ma convogliarle in un modo di trasformare la politica” dice Monti, secondo cui “quello delle piazze è un importantissimo serbatoio che Grillo riempie anche con funzione utile di segnalazione di rabbia e insoddisfazione per la politica tradizionale”. Detto questo, a sentire il premier, quella del comico genovese rimane “è una protesta da cui è difficile vedere emergere una proposta. Grillo – prosegue Monti – potrebbe essere un ministro tecnico, i suoi candidati non so valutare che tipo di approccio di governo possano avere ma la forza di Grillo sono gli elettori che lo voterebbero”.
Il candidato premier, inoltre, parla apertamente di alleanze post voto. E anche questa volta utilizza concetti assai chiari, che peraltro ripete sin dall’inizio della campagna elettorale. Dopo aver assicurato che con Casini e Fini “va tutto benissimo”, Monti dice che se fosse determinante per la formazione di un governo “ci penserei, vedrei i numeri, ragionerei per primo con gli altri membri della nostra iniziativa politica e poi sarei molto disponibile come interlocutore e fermo su posizioni e programmi”. Perché? “Perché non sono entrato in questa impresa per governare a tutti i costi” ammonisce Monti. E Bersani cosa pensa delle alleanze post voto? Lo ripete in un’intervista al Corriere Adriatico. “Governerà chi ha più voti. Noi puntiamo ad avere il 51% in Parlamento, cioè una maggioranza progressista che renda stabile il governo e garantisca il cambiamento” dice il segretario, secondo cui tuttavia “la dimensione dei problemi, la difficoltà del cammino e la necessità di isolare definitivamente il berlusconismo e il populismo, ci impongono di lanciare una proposta a tutti coloro che sono europeisti, rispettosi della Costituzione, alternativi al berlusconismo per avviare la ricostruzione del Paese. Saranno gli altri, a quel punto, a dover rispondere alle nostre proposte”.
Successivamente, però, Monti torna sui suoi passi e a Repubblica corregge il tiro del suo pensiero su Bersani. I suoi apprezzamenti verso il leader del Pd, infatti, “non sono né una dichiarazione di alleanza né di dialogo in vista di alleanza. Non c’è nessun dialogo in corso. Né endorsement o benedizioni di cui Bersani non ha bisogno da parte mia”. Dopo il distinguo, il Professore sottolinea ancora una volta e precisa la sua posizione: ”Ho detto – spiega – che di Berlusconi ahimè la capacità di governo è stata già testata molte volte, in modo negativo a giudizio mio e di tanti. Quella di Bersani come premier non è stata ancora testata. Come persona, da ministro Bersani ha fatto bene. Nei dialoghi con Abc ho visto in lui molta capacità. Devo ritenere – aggiunge il premier uscente – che come persona abbia le qualità necessarie. Ho molta difficoltà però a ritenere che con la coalizione di cui è il leader possa governare efficacemente facendo davvero le cose che servono a trasformare l’Italia in una economia ed in una società più dinamica ed equa”.