Si tratta di 17 punti, molti dei quali condivisibili, altri basati su informazioni non del tutto corrette. Altri sono un po’ ripetitivi.
Eccoli:
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Disincentivo dell’uso dei mezzi privati motorizzati nelle aree urbane
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Sviluppo di reti di piste ciclabili protette estese a tutta l’area urbana ed extra urbana
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Istituzione di spazi condominiali per il parcheggio delle biciclette
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Istituzione dei parcheggi per le biciclette nelle aree urbane
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Introduzione di una forte tassazione per l’ingresso nei centri storici di automobili private con un solo occupante a bordo
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Potenziamento dei mezzi pubblici a uso collettivo e dei mezzi pubblici a uso individuale (car sharing) con motori elettrici alimentati da reti
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Blocco immediato del Ponte sullo Stretto
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Blocco immediato della Tav in Val di Susa
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Proibizione di costruzione di nuovi parcheggi nelle aree urbane
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Sviluppo delle tratte ferroviarie legate al pendolarismo
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Copertura dell’intero Paese con la banda larga
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Incentivazione per le imprese che utilizzano il telelavoro
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Sistema di collegamenti efficienti tra diverse forme di trasporto pubblici
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Incentivazione di strutture di accoglienza per uffici dislocati sul territorio collegati a Internet
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Incentivazione dei mercati locali con produzioni provenienti dal territorio
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Corsie riservate per i mezzi pubblici nelle aree urbane
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Piano di mobilità per i disabili obbligatorio a livello comunale.
Ma in altre parti del programma complessivo di Grillo si inseriscono temi di trasporto assai più dirompenti: l’abolizione di tutti i monopoli, e l’adeguamento delle tariffe dei servizi ai livelli europei.
Ne esce un mix interessante. Vediamolo più analiticamente: i primi 5 punti sono poco costosi e ragionevolissimi (anche se l’1 e il 5 coincidono, e i tre sulle biciclette si potrebbero raggruppare).
Il potenziamento dei mezzi pubblici (punto 6) si può fare, ma solo premettendo la liberalizzazione (parziale, cioè con gare) del settore per ridurne i costi, e adeguando le tariffe ai livelli medi europei. Una botta piuttosto dura per gli utenti italiani, “viziati” da tariffe molto basse. Per esempio, i servizi ferroviari a lunga distanza (non di Alta Velocità), sparirebbero per mancanza di utenti. Ma nel complesso, l’approccio è condivisibile.
I punti 7 e 8 sono anche condivisibili, ma occorre ricordare che di grandi opere altrettanto costose e inutili ce ne sono sul tavolo una mezza dozzina…
Il punto 9 è troppo vago: la distinzione tra aree urbane e non urbane è oggi molto incerta, e questo problema vale anche per alcuni punti precedenti.
Il punto 10 si basa su un’informazione “canonizzata” ma sbagliata: i pendolari che oggi si muovono in treno sono una piccola minoranza, e tale comunque rimarranno. Non sono quelli che stanno peggio (pagano poco e non soffrono della congestione… si pensi al 70% che va, e continuerà ad andare, in automobile). Qui occorre un approccio più complessivo e non stereotipo. L’11 e il 12 vanno benissimo, e chi non sottoscriverebbe il 13? Il 14 io non lo ho capito, ma immagino che sarà anch’esso poco costoso. Il 15 è molto più controverso: incentivare i prodotti locali, ma quanto? E poi l’agricoltura è già follemente sussidiata… e inquina molto.
Tornando all’abolizione dei monopoli, cosa eccellente, occorre assolutamente distinguere tra quelli che si possono abolire (tutti i servizi di trasporto) e le infrastrutture, che sono “monopoli naturali”, e vanno regolati affinché non derubino gli utenti (l’Autorità indipendente dei trasporti, tipologia che a Grillo non piace, dovrebbe servire proprio a questo….).
Per concludere: niente male (preciso subito che non voterò Grillo), soprattutto per le liberalizzazioni e le tariffe europee, che rendono più realistica la proposta.
Forse il problema maggiore dei 17 punti è nella distinzione, oggi del tutto irrealistica, tra città e non-città. Basta guardare le nostre aree metropolitane, dove ci sono i maggiori problemi per la mobilità: è un “continuum” a densità variabile, dai centri storici a casette semi-isolate. E quindi si richiedono in generale soluzioni più complesse e articolate. Compreso il miglioramento della rete stradale ordinaria, per la quale oggi non ci sono più soldi, nonostante la quarantina di miliardi che ogni anno gli automobilisti versano allo Stato.