Ennesima giornata di sangue in Siria. La capitale Damasco è stata scossa da una serie di esplosioni a breve distanza l’una dall’altra che hanno colpito diversi quartieri centrali e periferici della città, facendo un alto numero di vittime. L’esplosione di un’autobomba nel cuore della città ha causato la morte di decine di persone, in gran parte civili, tra cui molti bambini. Nel mirino dell'”attacco terroristico”, come l’ha definito l’agenzia di regime Sana, il quartier generale del partito di Bashar al-Assad, il Baath, nella via al-Thawra, nel quartiere centralissimo di al-Mazraa.
Il Libero esercito siriano ha smentito ogni responsabilità, rigettando l’accusa sul regime. Secondo la tv ufficiale siriana, ci sono stati 53 morti e oltre 300 feriti. Tra questi ultimi c’è anche Nayef Hawatme, anziano leader palestinese filo-siriano del Fronte democratico per la liberazione della Palestina. L’autobomba è esplosa in un’area molto popolosa, a un checkpoint tra l’ambasciata russa e il quartier generale del Baath, in un’area che sarebbe altamente protetta. Le case circostanti e numerose auto hanno perso fuoco.
“Le vittime sono soprattutto passanti, studenti e gente che era al volante”, ha riferito l’agenzia Sana, secondo cui hanno subito danni anche l’ospedale al-Hayat e una scuola, la Abdullah Bin al-Zubir. Subito dopo l’esplosione, altre due autobombe sono saltate in aria nel quartiere di Barzeh, di fronte a una delle sedi dell’intelligence, e due proiettili di mortaio sono caduti vicino alla sede dello Stato maggiore della Difesa e al Comando generale dell’esercito. Altre esplosioni si sono udite nei quartieri di Baramkeh, al-Adawi e al-Qabu.
E mentre nelle strade non si placa la violenza, prosegue lentamente il lavoro della diplomazia, nel tentativo di trovare una soluzione alla crisi. La Coalizione nazionale siriana si dice pronta a negoziare per porre fine alla guerra in Siria, ma a condizione che Bashar al-Assad non sia incluso in nessuna soluzione possibile. Il comunicato del principale movimento di opposizione di Damasco, che in questi giorni si riunisce al Cairo, chiede che Assad e i suoi vengano giudicati, ma non fa esplicito riferimento ad una cacciata del presidente come precondizione per aprire il negoziato.