Alcuni artisti sono emblematici perché il loro identikit è assolutamente esemplificativo delle più importanti ed interessanti tendenze in atto nella musica odierna. L’inglese Jamie Teasdale, ora di stanza a Berlino, ha ad esempio un curriculum che ben rappresenta lo spirito del tempo. Nel decennio scorso il suo percorso è stato indissolubilmente legato a quello di Roly Porter nel duo Vex’d ovvero una delle più fulgide espressioni del miglior dubstep, quello più scuro, quello amalgamato con il grime e con l’industrial, quello che da un lato ha sempre buttato un’occhio sui più classici fondatori del genere come Skream ma con l’altro ha saputo guardare diversi orizzonti, altrettanto influenti e precorritori: l’industrial ambient metal di Nine Inch Nails e Godflesh, in particolare la profetica e pionieristica parabola di Kevin Martin, che ha letteralmente illuminato l’eccitante via tenebrosa che prende addirittura avvio dal grindcore e conduce all’odierno ibrido di industrial dub e dancehall apocalittica di The Bug, passando per l’hip hop noise di Techno Animal ed il trip hop dalle venature dubstep di King Midas Sound.
Ecco, se al giorno d’oggi le migliori forme espressive del panorama elettronico hanno virato verso il nero più nero ed il grigio, la post-industrial dance dei vari Raime e Sandwell District o gli ectoplasmi emotivi Tri Angle (The Haxan Cloak, Holy Other, oOoOO, Clams Casino), misterica reincarnazione sepolcrale, zombificata e “cantuatoriale” dei beatz dell’abstract hip hop, lo dobbiamo anche a geniali Caronte quali sono stati Justin Broadrick, Mick Harris, Kevin Martin che ci hanno traghettato nell’Ade paranoico di sconfinate periferie di silicio, riverberanti di sub-bass, partendo dalle chitarre indemoniate della Earache, dai Napalm Death al dub degli Scorn. Vai a visitare la pagina facebook del produttore venticinquenne Wife, l’ultimo arrivato in casa Tri Angle, e scopri foto che lo ritraggono mentre si esibisce dal vivo indossando la t-shirt dei primi Swans. Così vanno le cose al giorno d’oggi. Ed io ne sono lieto.
L’altro elemento da non dimenticare in questo quadro è tutto il massiccio peso della techno e della nuova elettronica Warp nel definire certi immaginari tecnologico-futuristici. E infatti, non per nulla, i due magnifici dischi pubblicati dai due Vex’d nel 2005 e 2010, rispettivamente “Degenerate” e “Cloud Seed”, sono usciti per la Planet Mu, l’etichetta che è andata a comporre l’ultimo vertice della trimurti le cui due pietre angolari già si chiamavano Warp e Rephlex. Non per nulla “Cloud Seed” si apre con “Take Time Out”, un brano cantato da Warrior Queen, una delle voci predilette da The Bug. E non per nulla constatiamo la presenza di un remix di un pezzo di Distance, l’autore dello straordinario “My Demons”, un artista che forse più di ogni altro, nel panorama dubstep, condivide con i Vex’d il background culturale che abbiamo precedentemente descritto.
Dicevamo ordunque, se questa è l’eredità primigenia annidata nella musica del primo Jamie Teasdale, quando stava nei Vex’d, occorre dire che dopo il suo distacco dall’anima probabilmente più nera e meditabonda di Roly Porter ha dato vita ad una nuova creatura, Kuedo appunto, assolutamente permeata delle forme wonky di transizione al post-dubstep che hanno dominato il passaggio di decennio: a tal proposito sono esemplari il suono evoluto dell’EP “In System Travel (2009), l’unico a nome Jamie Vex’d, e soprattutto il percepibile cambio di stagione di “Dream Sequence” del 2010. “Severant”, il primo album solista di Jamie Teasdale / Kuedo giunge puntualmente l’anno successivo e mette a fuoco una ulteriore e diversa fisionomia della sua musica: melodie neokraftwerkiane retrofuturistiche, molto romantiche, languide ed evanescenti, a riempire disperate vite collassanti tra i grattacieli della Metropolis (non so voi ma la prima volta che sono giunto a Frankfurter Tor provenendo dalla Karl Marx Allée mi sono sentito proiettato dentro il capolavoro di Fritz Lang… Ciò vorrà dire qualcosa?).
Sabato 23 febbraio al TPO di Bologna potremo assistere al live di Kuedo ed al dj set di Jimmy Edgar, detroitiano che ha iniziato su Merck ed è poi cresciuto in casa Warp, alla cui corte ha esordito nel 2004 con l’EP “Access Rhythm”: molto glitch-hop abstract, qualcosa di non eccessivamente distante dal Prefuse 73 degli esordi ed altra IDM Warp dell’epoca. A seguire “Bounce, Make, Model” con la celebre “I Wanna Be Your STD” ed il primo discreto lavoro sulla lunga distanza, “Color Strip”, più electro, che segna anche il divorzio dalla celeberrima label di Sheffield. Quindi il passaggio alla K7 con “XXX” ed infine l’approdo alla Hotflush di Scuba con la quale l’anno scorso ha pubbblicato l’ultimo “Majenta”.
Ad aprire la serata il “nostro” Walking Mountains, fresco autore di un convincente disco omonimo per la cui descrizione vi rimando alla recente ed approfondita intervista apparsa su queste stesse pagine.