Questo è un post rivolto ai giovani che a breve si recheranno alle urne. Ai tanti che sono stati privati di una prospettiva di futuro, schiacciati da un debito che ha superato i 2mila miliardi. La cosa potrà far contorcere dalla rabbia, ma intendo qui svelare una specie di tabù. E cioè il “come vivevamo” delle generazioni che oggi hanno dai 50 anni agli 80 anni, che è la mia età. Se i giovani devono pagare il conto di tanti errori, bisogna guardare in faccia chi ha goduto di quel debito. Ma di ciò nessuno parla, perché è meglio l’idea che il debito sia una fatalità, una punizione divina: cari ragazzi non è così!

Io, da imprenditore che ha vissuto quel periodo, vorrei darvi qualche flash di vita dagli anni ’80, da quando il debito ha cominciato la galoppata. Voi che ora incrociate la coda di italiani alla Caritas, immaginate nel centro di Milano le code fuori dalle gioiellerie, dalle pelliccerie, dai negozi di lusso. In quegli anni l’Italia era tra i maggiori paesi importatori di Champagne e di Cachemere. Vedevo famiglie comprare anche dieci pullover di Cachemere scozzese Ballanthine, Breamar e Drhumor. Erano anni in cui la politica si faceva garantendo assunzioni nelle società pubbliche, bastava una tessera per avere un posto per sé o per il figlio, o una pensione a 40 anni. Tutti spendevano a babbo morto, circolava una quantità di denaro impressionante. Io certi giorni, nei miei negozi non sapevo come trasportare in banca la quantità di contante. C’era gente disposta a pagare il 30% in più per avere in anteprima l’ultimo modello di Mercedes. Il settore del tessile, la Moda, esplodeva e in centro venivano rilevate vecchie rivendite a prezzi miliardari, per ospitare boutique. C’erano marchi che si rifiutavano di venderti il capo se non tramite raccomandazione. Nasceva uno stilista al giorno, ovunque si vedevano o si ospitavano defilé. Lo Stato finanziava imprese a gente senza né arte né parte, poi in caso di fallimento (spesso avveniva nel giro di breve tempo) rilevava l’azienda con tutti i dipendenti e la trasferiva in qualche ente. Per il tessile c’era la GEPI ente statale nel quale confluivano le aziende fallite. Così lo Stato giorno dopo giorno si ingrossava, e le tasche dei politici si riempivano, e gli italiani avevano l’illusione di vivere nel Bengodi. Tanto bastava svalutare la moneta per far riquadrare i conti, cosa che ci rendeva invisi agli altri paesi. Ma a noi non interessava: noi brindavamo a Champagne.

Erano tempi in cui ai costruttori bastava qualche mazzetta e potevano costruire ovunque o condonare qualsiasi porcheria. Il tempo di vendere il primo piano di una palazzina e il prezzo del secondo era già raddoppiato. Al contempo si potevano rilevare vecchi appartamenti fatiscenti in centro città o in zone balneari per pochi milioni di vecchie lire, immobili che oggi valgono milioni di euro, autentici patrimoni. Erano tempi in cui lo Stato vendeva titoli con rendimenti fino al 22%, con quei ricavi famiglie riuscivano a comprarsi la casa. Tutti avevano il posto fisso perciò le banche erano disposte a finanziare ogni cosa, diffondendo un consumismo insaziabile. Non solo, gli orari ridotti (molti dipendenti finivano il turno di lavoro alle 14) consentivano di svolgere anche più attività collaterali. Vedevo imprenditori escogitare ogni strategia pur di fregare lo Stato, che era cosa facile, perché i controlli erano scarsi o ridicoli. Anche l’ultimo arrivato semi-analfabeta, in quelle condizioni poteva diventare un imprenditore di successo. Tutti guadagnavano e i campi da golf, le località sciistiche, i circoli velistici si affollavano di finti o presunti “signori”.

Potrei continuare, ma il concetto è chiaro. E’ stata una fase scellerata che con Tangentopoli ha solo cambiato faccia ma non natura. Berlusconi ne è l’erede e non fa che riproporre quel modello ancora oggi. Accusa Monti per gli indici negativi, e nessuno a chiedere: Cavaliere ma cosa sta dicendo? Che cosa c’entra Monti? Perché le cause affondano in quegli anni di follia.

Tornando ai giovani, io esorto quelli che ancora non l’hanno fatto, a smitizzare quel periodo e quel tipo di crescita fallimentare. E soprattutto con il vostro voto, fate scontare le responsabilità a chi vi ha rubato il futuro.

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