La crisi che da tempo attanaglia il settore dell’editoria è arrivata a un punto di non ritorno. La Federazione nazionale della stampa, non lo nasconde e accusa le aziende, ree – secondo il sindacato – di approfittare della difficile situazione economica per spingere i dipendenti a scelte per loro controproducenti. “La crisi dell’editoria è reale – scrive il sindacato in una nota -, le difficoltà per il lavoro crescono, le furberie e i sotterfugi per appropriarsi degli ultimi fondi disponibili per i prepensionamenti sono inaccettabili”. La Fnsi definisce “ancora più grave” il ricorso “alle minacce della disoccupazione imminente che qualche editore sta adottando anche in questi giorni per spingere i giornalisti ad accettare avventurosi e frettolosi progetti di ristrutturazione aziendale, arrivando persino a prevedere la ‘tranquilla’ sostituzione del prepensionato con la cassa integrazione. Tali comportamenti sono deprecabili”.

Il sindacato invita le parti in causa al dialogo: “La crisi ha bisogno di corresponsabilità di editori e giornalisti, di solidarietà e non di egoismi, di scelte industriali e editoriali credibili, di piena assunzione dei doveri del rischio di impresa e nella consapevolezza della speciale funzione di quella editoriale. Nel giorno in cui è chiaro che sono esauriti (e lo saranno certamente ancora per qualche tempo) i fondi per i prepensionamenti, le ultime vicende di oggi, del Corriere dello Sport e di Tuttosport del Gruppo Amodei, dove sono state siglate intese aziendali di riduzione degli organici con prospettive di cassa integrazione senza sbocchi, se non si recupereranno i fondi per il prepensionamento, non possono essere accettate dalla Fnsi come operazioni di ordinaria gestione della crisi”. “Non ci può essere – prosegue il sindacato – una soluzione di burocrazia sindacale, aziendale o tecnica che non tenga conto di tutti i fattori della crisi e degli elementi di sostenibilità sociale”.

La Federazione della stampa sottolinea in particolare come l’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, non possa essere considerato “una discarica su cui depositare come rottami giornalisti da 58 anni in su, sollevando l’impresa da ogni sua responsabilità”. “Nello specifico caso citato ma anche in tutti gli altri per i quali sono stati concessi prepensionamenti, e quindi le aziende godono o hanno goduto di risparmi posti a carico della collettività, le autorità di vigilanza, a cominciare da quelle ispettive del ministero del Lavoro (e se necessario dei carabinieri del lavoro) dovranno accertare il permanere del diritto agli ammortizzatori in presenza di utilizzazioni azzardate o irregolari di colleghi già pensionati in redazione o come inviati, o di finti collaboratori autonomi inquadrati fuori dalle regole del giusto compenso”.

Proprio oggi, intanto, l’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane, è tornato a parlare della vicenda legata ai periodici del gruppo a rischio chiusura: “Abbiamo avuto manifestazioni di interesse precise e plurime”, ha dichiarato riferendosi al possibile interesse d’acquisto da parte di alcuni editori e operatori finanziari “prevalentemente italiani, ma anche esteri”. La decisione, ha aggiunto Jovane, sarà presa tra “qualche settimana”, in ogni caso “entro il primo trimestre” dell’anno. Riguarda al possibile trasferimento di Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport da via Solferino a un’altra sede, Jovane ha detto che “è presto per parlare”. “Le alternative sono varie – ha aggiunto -, dobbiamo prendere atto che non ci sono spazi di scelta. Va ottimizzata la condizione del patrimonio. Abbiamo una scadenza significativa per fine anno e andiamo di fretta. Vogliamo arrivare con le banche in tempo sul debito per vedere poi la soluzione sugli immobili”.

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