Pina Petruzzi ed Elisabetta Nardulli sono due mamme pugliesi che hanno dato vita a una sartoria, a Triggiano, in provincia di Bari, che utilizza solo materiali di scarto. Attraverso la piattaforma "Eppela" cercano le risorse che la Regione tarda a concedere
Pina Petruzzi ed Elisabetta Nardulli sono due mamme pugliesi molto legate alla loro terra, e soprattutto, due donne che hanno trovato una strada alternativa e creativa per produrre: il riciclo.
Da più di un anno hanno creato Elpi, un laboratorio di riciclo creativo chiamato come l’insieme delle iniziali dei loro nomi di battesimo, per l’appunto “El” unito a “Pi“.
Pina, raggiunta al telefono da Ilfattoquotidiano.it, racconta di come, più di un anno fa, partecipare ad un laboratorio organizzato dal Comune, le abbia cambiato la vita: si trattava di un corso con l’obiettivo di trovare, attraverso il cucito, una via per dare nuova vita e nuova funzione d’uso a materiali di scarto, come gli scampoli inutilizzati di molte aziende di tessuti.
“Mi sono appassionata perché pur non avendo mai cucito in vita mia, vedevo delle vere e proprie creazioni prender forma dalle mie mani – dice Pina – Ero conquistata dall’attenzione al “non sprecare” tutti quei tessuti nei quali si poteva ancora intravedere una qualche possibilità di utilizzo. E’ un modo di pensare – prosegue – che fa parte della mia famiglia da sempre. Così poterlo realizzare concretamente, anche nel lavoro, mi è sembrata una grande sfida”. Una sfida che Pina, finito il corso, decide di portare avanti anche con Elisabetta. Ed è a questo punto che nasce ‘Elpi’.
Nel loro piccolo laboratorio di Triggiano, in provincia di Bari, cominciano realizzando borse, shopper per l’esattezza, ottenute con tessuti di scarto della produzione di divani o tende. Da subito, le loro creazioni conquistano una piccola fetta di mercato cittadino: le shopper Elpi hanno la caratteristica che è tipica del “fatto a mano”, l’unicità.
Oggi, alla produzione di shopper, si aggiunge quella di sacche, di grembiuli per la cucina, di cestini per il pane, borsoni, beauty, e addirittura porta-bottiglie.
Considerata la dimensione del loro laboratorio, troppo piccola, e l’usura delle macchine che hanno a disposizione, Pina ed Elisabetta hanno chiesto un finanziamento alla Regione Puglia: per sperare di aumentare la loro capacità produttiva e di ampliare il loro bacino di utenza.
La risposta della Regione, però, tarda ad arrivare ed è così che ElPi ha deciso di far propria l’idea del “crowdfunding” (un processo collaborativo di un gruppo di persone che mette insieme del denaro al fine di sostenere gli sforzi di altre persone e organizzazioni, ndr), realizzato attraverso la piattaforma Eppela.
Il funzionamento di Eppela è piuttosto semplice, ma molto efficace: chi presenta il progetto lo fa utilizzando una breve descrizione e soprattutto un video (alla realizzazione del quale, se necessario, collabora anche il team di Eppela). Si stabilisce poi una cifra da raggiungere, che si valutata sufficiente per la concretizzazione del progetto. Allo stesso tempo, viene messa a punto una serie di “fasce di ricompensa”, per chi partecipa attivamente, attraverso le proprie donazioni. Naturalmente, ricompensa e donazione sono direttamente proporzionali. Esiste un limite temporale, per stare su Eppela, che è di 40 giorni, giudicati sufficienti per raggiungere le cifre richieste, e per promuovere il progetto.
Eppela offre una buona visibilità, oltre che un concreto aiuto, soprattutto visto il sempre maggiore successo che le forme di finanziamento dal basso stanno ottenendo anche in Italia, non solo in ambito politico. Certo, sottolinea Pina, è complicato trovare persone che siano disposte a dare una mano, a collaborare al progetto, e non solo in termini di donazioni, ma anche dal lato pratico: sarebbe bello, per Elisabetta e Pina, trovare altre persone che decidano di intraprendere con loro questa avventura di riciclo, creatività e produzione, ma la scarsa disponibilità di tempo e la difficoltà a credere in progetti se non già noti, scoraggiano molti dei possibili candidati.