Quando ero giovane studente al primo anno di scuola di specializzazione visitai, assieme a un collega più esperto, una signora di trent’anni. Aveva una storia triste di violenze subite nell’infanzia da un padre che la picchiava. A 17 anni, per fuggire da casa, si sposò con un uomo molto più vecchio di lei con cui ebbe due figli. Questi era un alcolista che, in momenti di alterazione, picchiava lei e i due figli. Con l’aiuto del servizio sociale, del Tribunale dei minorenni e del servizio psichiatrico la donna riuscì ad allontanare il marito. Quando la incontrammo aveva un terzo figlio con un convivente. Al primo colloquio ci rendemmo conto che questo nuovo compagno era una persona già conosciuta dal servizio per le tossicodipendenze in quanto dedito alla cocaina. Aveva anche a suo carico denunce per violenze fisiche. Lei non conosceva la storia di quest’uomo e, innamorata, lo idealizzava. Noi non avemmo cuore di disilluderla ma dopo circa sei mesi la tossicomania riemerse con nuove violenze. Io che ero giovane mi stupii di fronte a questa storia e chiesi al collega esperto: “Come è possibile che questa signora non abbia appreso nulla dalle sue passate vicende? Continua a ripetere gli stessi errori!”. Lui non si stupiva affatto e mi parlò della coazione a ripetere.
Per coazione a ripetere in psicologia si intende definire un meccanismo mentale per cui, in modo inconscio, si ricade negli stessi comportamenti negativi. Le ragioni sono due: la prima è il desiderio inconscio di rivivere una situazione che in infanzia ci ha traumatizzato per riuscire questa volta a risolvere quel dramma mai superato, la seconda è la pulsione di morte (thanatos) che utilizza la ripetizione del trauma per demolire tutti i desideri (eros) e ripristinare uno stato primitivo di quiete.
In questa strana campagna elettorale molto convulsa e disordinata, purtroppo, tendo ad individuare meccanismi di coazione a ripetere.
La ricerca del nuovo. Sono oltre venti anni che si cerca il nuovo nella politica italiana, sperando che sia salvifico. W.Bion, un famoso studioso inglese, parlava di una tendenza dei gruppi a delegare a nuovi Messia la risoluzione di tutti i problemi togliendoci la fatica di affrontarli con sacrifici e impegno. E’ certo molto più bello, anche se illusorio, pensare che il nuovo politico che verrà, senza nessun sacrificio, risolverà tutto. In passato la Lega, Forza Italia, l’Unione hanno rappresentato il nuovo. Ora c’è una corsa ad incarnare “il nuovo”, tanto che molti partiti sono nati nell’ultimo mese prima della campagna elettorale, altri hanno tentato di rifarsi la verginità, altri con i comportamenti vogliono essere diversi e innovativi. Purtroppo l’atteggiamento più vecchio e ripetitivo è questa ricerca del nuovo che ha provocato svariati problemi.
La distruttività. “Muoia Sansone con tutti i Filistei” appare molto attuale. Il rifiuto del possibile, realizzabile ora, per l’ideale, che forse mai si concretizzerà, ha caratterizzato le vicende politiche degli ultimi decenni. Riforme istituzionali future perfette che mai si sono realizzate, partiti come quello Comunista che dopo cinquant’anni di opposizione finalmente erano nella stanza di bottoni, invece di agire qualcosa di sinistra hanno preferito distruggere tutto. Questa spinta distruttiva, alla fine, autodistruttiva, ha portato alla scomparsa di svariate formazioni politiche come Rifondazione, Udeur, Alleanza Nazionale, Verdi, Idv. Anche ora alcuni partiti sono nati, non per raggiungere la possibilità di costituire un governo, ma per impedire ad altri di farlo.
Apprendere dall’esperienza fallimentare di tanti governucoli appesi a maggioranze risicate e conflittuali ci dovrebbe portare a ricercare un governo che finalmente abbia la forza per gestire lo Stato per i prossimi cinque anni. Forse non sarà il governo che soddisferà appieno ognuno di noi, ma almeno potrebbe avere un progetto lineare che, alla fine del mandato, dovrebbe essere valutato. L’alternativa è la prosecuzione della situazione che abbiamo subito in questi lunghi venti anni: caos senza capo né coda, senza un progetto, privi di qualcuno che abbia un’idea di Stato.