Lo fanno per gli stessi motivi delle loro coetanee: “Lavoro flessibile e redditizio e poi mi è sempre piaciuto giocare con i bambini – dice Guglielmo, 24 anni, laureando in General management – Il lavoro con i bambini? Rende tutto meno pesante e spesso divertente. E forse la crisi spinge anche noi verso questo settore”, racconta Giacomo, 21 anni, studente di ingegneria.
Giacomo e Guglielmo appartengono a una specie rara: le “cicogne blu”, versione maschile di una specie quasi sempre rosa, la babysitter. L’idea di andare controcorrente, e offrire ai genitori una scelta “multicolore”, è venuta a Monica Archibugi, una studentessa romana che ha messo su “Le cicogne”: un’agenzia online per offrire a chi vive nella caotica città di Roma un servizio di babysitting, ripetizioni e babytaxing.
Eppure, nonostante vivano esattamente come le loro amiche e desiderino diventare padri, magari non troppo tardi (“La paternità la agogno da sempre”, rivela Edoardo, 21 anni, studente di Ingegneria aereospaziale), questi ragazzi sono ancora discriminati dalle famiglie italiane, che nella stragrande maggioranza preferiscono affidare i loro figli ad una tata femmina. Specchio perfetto di una società in cui vige ancora lo stereotipo della cura dei bambini affidata esclusivamente alle donne.
“In più occasioni ci siamo sentiti rispondere che avrebbero preferito una ragazza – racconta Edoardo – A volte senza neanche incontrarci. Perché poi, quando ci conoscono, le cose cambiano”. “Una volta mi è capitata una mamma che voleva per forza una ragazza per le ripetizioni a un bambino di dieci anni”, dice Massimo, 25 anni, iscritto a Ingegneria, che ha avuto comunque molte esperienze positive.
Alcuni di loro, a ragione, questa discriminazione proprio non la capiscono: “È superficialità e ignoranza – sostiene Edoardo – Facciamo dei colloqui prima di entrare nelle Cicogne e inoltre una presenza maschile accanto a un figlio o una figlia può essere positiva”. Altri, invece, come Giovanni, 21 anni e studente di ingegneria civile, sembrano condividere in parte i timori dei genitori: “Un genitore preferisce affidare un bambino a una ragazza piuttosto che a un ragazzo per colpa della società e di quello che si sente in giro, così padri e madri mettono le mani avanti”. Altri infine, con onestà puntano il dito sulle responsabilità maschili. “I cliché sono forti, è vero – spiega Giacomo – ma per cambiare questa situazione è necessario che gli uomini mostrino maggior interesse a svolgere questo ruolo e che si mostrino capaci, efficienti e soprattutto affidabili, per rassicurare le mamme“.
Sulla possibilità di introdurre delle quote blu in educazione, sull’analogia di quote rosa nei settori di monopolio maschile, le “cicogne blu” (qui la pagina Facebook) si dividono. Per Guglielmo, “se ci sono dieci posti di lavoro, con dieci maestre competenti e un maestro inadatto, è assurdo che una persona preparata venga sacrificata”. “Assolutamente favorevole”, si dice invece Massimo, mentre Giacomo nota con intelligenza: “Figure maschili presenti sin dai primi anni di scuola potrebbero favorire sin da subito un’apertura verso un mondo con cui i bambini si troveranno a contatto in futuro”.
Tutti concordano invece sui problemi dei bambini di oggi: oggi troppa elettronica, poca fantasia. “Non inventano più giochi per conto loro perché hanno sempre qualcosa per le mani. Io da piccolo avevo un gameboy e sei canali a disposizione, loro sei consolle diverse e quattrocento canali”. “Il mercato dell’intrattenimento non li spinge a interagire”, dice a sua volta Guglielmo. E Massimo ammette: “Trovo ancora stupefacente come un bambino di dieci anni sappia usare telefono e computer meglio di me”. Un poco impietosi, ma di sicuro preziosi, i loro giudizi su madri e padri: “Troppo impegnati e poco presenti a casa”, sostiene Giacomo. “Usano i soldi per colmare carenze affettivi, ma ci vorrebbero cose che spronano questi ragazzi, non solo Facebook e What’sup“, dice Giovanni. La butta giù ancora più duro Edoardo: “Li viziano, sono accondiscendenti su tutto, non hanno polso, non sano essere giusti e severi, non sanno arrabbiarsi. Divorziano, poi si mettono in competizione per i figli, danno ragione sempre a loro e non ai maestri”. Meditate, genitori, meditate.