Il grande freddo della moda si fa sentire. E non solo per la spruzzata di neve, ma anche per i bilanci congelati delle maisons.
L’ editoria è agonizzante, la pubblicità esangue, e cosa fanno quegli spilorci degli stilisti? Al capezzale dei giornali pagano lo spazio pubblicitario con scambio/merce. Certo, non sono capi delle ultime collezioni, ma solo palandrane immettibili. Cioè pagano la pubblicità con l’invenduto.
Camera della Moda e all’amministrazione comunale: voto 2
C’era una volta la Fiera e le sfilate erano raggruppate più o meno in un unico spazio. Adesso tocca scapicollarsi da un angolo all’altro della città, code interminabili e bouchon di traffico.
Milano o Parigi? Gli americani parlano francese: voto 3
Un’altra mazzata ci arriva dal Washington Post che nell’eterno dilemma Milano o Parigi? Fa il tifo per la fashion week parigina e, per soprammercato, ci mette ma anche quella londinese. Tirano e attirano di più. Parigi e Londra sono città più glam, dove ci si diverte. Sorry voi del Washington ve la tirate sempre, ma dove sta la notizia?. Comunque Remo Ruffini, uno che ha le antenne ben sintonizzate, fa sfilare Gamme Rouge, la linea d’alta moda di Moncler, in quel di Parigi.
Sussurri e spifferi
Alla mostra di Olimpia Castellini, talento fotografico in erba (teniamola d’occhio), incontro Romeo Gigli, il più geniale dei nostri stilisti, e per questo allontanato in malo modo dalla potente lobby del fashion business. Lui continua il suo percorso creativo ma quando si deciderà a parlare sarà un bagno di sangue per tutti da fare perdere ai “massoni” imbalsamati del made in Italy il loro aplomb.
Lo compra o non lo compra?
Già comprato, secondo Milano Finanza, il Novella 2000 dell’economia. Passo a prendere un caffè da Cova e faccio due chiacchiere con la cassiera. Prada (sempre lei) avrebbe già comprato l’80% di Cova, il bar/patisserie più istituzionale di una certa Milano, mentre il 20% rimarebbe alla proprietà. Hanno già aperto una quindicina di franchising in Cina e Giappone e ne apriranno un’altra ventina in giro per il mondo. Requiem per un’ altra eccellenza artigianale che vende l’anima al diavolo che, come ben si sa, veste Prada.
Fast Fashion
Non si vende più un piffero e Benetton continua la campagna saldi. Pezzi anche a 5 euro (meglio smaltire gli avanzi di magazzino che ricollocarli). Da quest’ anno puntano sulla testimonial Elettra Rossellini. Promettono un rilancio del prodotto altrimenti non solo Zara, ma anche Alcott, versione Ralph Lauren de no’ altri, gli farà un Gap così.
Largo ai giovani
Quanto costa sfilare? Un botto, fra affitto della sala, costo delle modelle, trucco, truccatori e parrucchieri. Non sfila più Versus. Colpa della crisi o un segno di contemporaneità? Sarà una linea venduta online a prezzi più accessibili e disegnata da stilisti emergenti chiamati di volta in volta. Il primo sarà Jonathan Anderson, 26 anni.
Si chiama Daniele Carlotta, è di Modica (paese siculo famoso per la cioccolata) ed è stato scelto da Dolce&Gabbana per disegnare una loro griffe. E’ un buon inizio.
C’è il tweed cucinato, graffiato e gommato alla Prada. Dalla testa ai piedi: cresta, manicotto e scarpe con profusione di pelliccia per Fendi. Gli animalisti protestano, si sfila lo stesso. Tod’s copia Hermes.
Lo tsunami giapponese
Arrivano a frotte, una processione di giapponesine alla sfilata di Ermanno Scervino che si apre sulla scenografia del cupolone di Firenze. Tutte in total black, in bilico sui tacchi, sfilano a piccoli passi, ritmicamente, all’unisono fotografano, prendono appunti sull I Pad, applaudono. Portano una ventata di speranza ai bilanci (Voto 8).
Un tocco di vintage
Prediligo gli appuntamenti fuori calendario, plus joli, per pochi eletti, da veri connaisseurs. Passo da Chantecler, il brand di alta gioielleria made in Capri, e acchiappo un foularino in cotone, stampa bijoux, lo stesso che indossava nella dolce vita Audrey Hepburn, una di quelle dive senza tempo, anni luce lontano dalle valeriemarini di oggi.
Mini gonna mon amour
Data di nascita: 1963. Nome: minigonna. Altezza: minima. Padre: sconosciuto. Madre: la stilista inglese Mary Quant. E’ stata la piccola-grande rivoluzione che ha scandalizzato il mondo. La minigonna festeggia i suoi primi 50 anni. Tra i tanti che la reinterpretano quella dell’orafo Gerardo Sacco, in argento con pupi siciliani appesi, in stile Paco Rabanne più kitsch. E quella di Maurizio Marinella, realizzata con un patchwork di cravatte. L’italo/croato Sergio Zampon fa rivivere il pigiama palazzo della principessa Galitzine che Jacqueline Kennedy e Marella Agnelli consideravano la loro uniforme.
Parietti premiata con l’Ago d’oro
Nulla ci sorprende più. Neanche che l’Ago d’oro, come esempio di stile ed eleganza sia stato assegnato ad Alba Parietti (Voto, datelo voi).
Forse, forse, ha ragione il Washington Post. Ci vediamo a Parigi.