Barack Obama scende in campo per i diritti dei gay, come si era impegnato a fare all’insediamento per il secondo mandato: la sua amministrazione ha avanzato una richiesta formale alla Corte suprema per l’abolizione di una legge federale del 1996 che definisce il matrimonio come l’unione tra un uomo e una donna.
La sollecitazione, fatta in vista dell’esame del Defense of Marriage Act (Doma) da parte dei nove giudici in programma il 26 e 27 marzo, rappresenta la prima volta in cui un presidente americano si schiera a favore dei diritti degli omosessuali davanti alla Corte suprema. Nel documento della Casa Bianca si sostiene che il Defense of Marriage Act “viola la garanzia fondamentale dell’uguaglianza davanti alla legge” e impedisce a “decine di migliaia di coppie omosessuali, legalmente sposate nei loro Stati, di godere degli stessi vantaggi federali delle coppie eterosessuali”. Le nozze tra persone dello stesso sesso sono legali in nove stati americani su 50 oltre e nella capitale Washington. La Corte suprema dovrà pronunciarsi sul ricorso di Edith Windsor, una lesbica che si era sposata in Canada nel 2007 con quella che era la sua compagna da più di 40 anni, che poi è morta. In base al Doma non è considerata sposata e per questo le è stato chiesto di pagare 360.000 dollari di tasse di successione.
La questione negli Stati Uniti ha anche creato un piccolo incidente “diplomatico” perché Laura Bush – che compativa in un spot con Obama, l’ex vicepresidente repubblicano Dick Cheney e e l’ex segretario di Stato Colin Powell, non vuole essere parte della campagna a favore delle unioni gay. L’ex First Lady ha chiesto che uno stralcio di una vecchia intervista a Larry King in cui lei dice che “quando due persone hanno preso un impegno reciproco, si amano, devono avere gli stessi diritti di tutti gli altri” sia rimosso dallo spot realizzato dalla Respect for Marriage Coalition, un’organizzazione a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso. Secondo il portavoce della Bush, l’organizzazione non avrebbe chiesto il permesso per usare il filmato realizzato nel 2010. La campagna è costata oltre un milione di dollari ed è stata lanciata questa settimana su tutti i mezzi di informazione. Lo scopo del video era quello di spiegare come il tema dell’allargamento dei diritti non sia una questione che riguarda soprattutto i democratici, ma anche i repubblicani.