Migliaia le persone che protestano, anche donne e bambini. Il premier ha annunciato che il ministero delle Finanze potrebbe sbloccare i proventi delle tasse palestinesi - trattenute per ritorsione alla promozione da parte dell'Onu della Palestina a Stato non osservatore - in cambio di un immediato intervento dell'Anp per placare la rabbia dei suoi cittadini
Nei Territori occupati palestinesi sono scese in piazza migliaia di persone, comprese donne e bambini. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che il ministero delle Finanze potrebbe sbloccare i proventi delle tasse palestinesi – trattenute da Israele per ritorsione al riconoscimento da parte dell’Onu della Palestina a Stato non osservatore – in cambio di un immediato intervento delle forze dell’ordine dell’Autorità Nazionale palestinese per placare la rabbia dei suoi cittadini.
Alle proteste di piazza si è aggiunto lo sciopero della fame di 4mila 500 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Sperano di sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sui trattamenti al limite della tortura a cui verrebbero regolarmente sottoposti durante gli interrogatori: ieri infatti dopo essere stato interrogato nel carcere di Megiddo, dove era rinchiuso senza essere stato informato circa le accuse a suo carico, è morto Arafat Jaradat, un trentenne di Hebron. Le autorità palestinesi e la Lega araba hanno chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale e la presenza di un loro medico legale durante l’autopsia che si è appena conclusa. Quello dei 4mila detenuti non sarà tuttavia un digiuno a oltranza come quello iniziato quasi 6 mesi fa da cinque palestinesi arrestati come Jaradat attraverso la “carcerazione amministrativa”, cioè senza che vengano formalizzati e rivelati i motivi del fermo. Tra questi c’è Samer Al Issawi, poco più di trenta anni per 46 chili di peso che sarebbe già morto dieci giorni fa se i medici israeliani non gli avessero somministrato contro la sua volontà flebo di vitamine e glucosio.
Proprio le notizie circa l’imminente morte di Issawi, considerato con tutta la sua famiglia un eroe della resistenza contro l’occupazione, avevano scatenato le proteste di piazza che ieri però sono riprese, trasformandosi in scontri a causa della morte di Jaradat. Da questa mattina il livello degli scontri si è ulteriormente alzato quando si è saputo che due ragazzi palestinesi di Hebron e Nablus sono stati feriti gravemente da coloni israeliani sotto gli occhi dei soldati che non li avrebbero fermati. I coloni di Hebron sono tra i più violenti, si aggirano per le strade con mitragliatori e armi d’assalto a tracolla e le loro donne e bambini passano il tempo a insultare e molestare i bimbi palestinesi. Gideon Levy, l’editorialista israeliano del quotidiano laico di Tel Aviv, Haaretz, ha soprannominato Hebron “il luogo del male” riferendosi ai soprusi messi in atto quotidianamente dai coloni nei confronti dei palestinesi. Secondo le informazioni rilasciate dalle autorità ospedaliere centinaia di manifestanti sono rimati intossicati dai gas lacrimogeni e molti sono rimasti feriti dalle pallottole di gomma dall’anima di acciaio sparate in dotazione all’esercito israeliano. Qualche giorno fa il deputato palestinese Mustafa Barguti aveva cercato di richiamare l’attenzione della comunità internazionale denunciando il clima sempre più violento nei confronti dei palestinesi che potrebbe portare a una terza intifada. Intanto le condizioni di Samer Issawi rimangono molto critiche: l’uomo, accusato di aver preso parte alla seconda Intifada era stato condannato a 30 anni di carcere. Venne poi liberato nell’ottobre del 2011 grazie all’amnistia per la liberazione di Shalit ma nel luglio scorso era stato nuovamente arrestato per aver violato una delle restrizioni a cui è comunque sottoposto da Israele pur vivendo nei Territori occupati. Dovrebbe essere rilasciato a marzo, sempre che ci arrivi vivo.