“La politica è un brutto affare” dice uno dei funzionari del primo romanzo di Wang Xiaofang tradotto in inglese. È questo il nocciolo della questione. Dodici anni fa, l’autore di questo romanzo era il segretario del vicesindaco di una delle più importanti metropoli cinesi: Shenyang. Quando quest’ultimo nel nel 1999 fu prima indagato e poi condannato a morte per per essersi giocato nei casinò di Macao quasi 4 miliardi di euro di denaro pubblico, la vita del funzionario Wang fu sconvolta.
Nonostante fosse stato giudicato innocente, non voleva più far parte di quel mondo. Così si è seduto a tavolino e ha cominciato a scrivere. Ormai ha all’attivo a tredici titoli (da tre milioni di copie vendute) e di fatto può ritenersi l’inventore della fiction “burocratica”. Sesso, potere e denaro che si mescolano alla vita dei funzionari di più o meno alto livello dell’ex impero di mezzo. Non sono tutti corrotti. Nel libro ci sono anche diversi personaggi che vogliono mantenersi puliti. Difficile che ci riescano, il prezzo da pagare è spesso troppo alto.
A suo dire, “chiunque senta la parola ‘trono’ viene scosso da un brivido. […] Non è un’esagerazione affermare che da quando il trono è assurto a simbolo di identità, di status e di potere, ovvero dai tempi dei barbari, è diventato in qualche modo anche un simbolo fallico. Le poltrone sono un campo di battaglia. Quando ti ci siedi sei solo un essere umano, un funzionario, che deve fare carriera. Mantieni il tuo posto e avrai un futuro radioso, perdilo e ti ritroverai nella tana del leone. Non mi credete? Provateci!”