Rimini rischia di diventare la prossima Parma. È questo il timore che aleggia in queste ore post-voto in riviera. In provincia di Rimini il Movimento 5 Stelle ha spedito alla Camera la capolista Giulia Sarti migliorando le già inattese performance delle regionali 2010 e delle comunali 2011, quando raggiunse rispettivamente il 7,29% (provincia) e l’11,76%. Oggi basterebbe un dato: con il 30,69% (61.100 voti) quello di Beppe Grillo è il primo partito alla Camera su base provinciale seguito dal Pd col 29,99% (59.710 voti), la cui coalizione non va oltre il 32,32%. Sono diventati a 5 Stelle 14 Comuni su 27, tra cui Riccione, Misano adriatico, Morciano, San Clemente dove Grillo arriva addirittura al 41,29% e il Pd si blocca al 24,75%. Il Pd conserva Rimini (30,32% contro il 29,5% dei 5 Stelle), Santarcangelo (35,2% contro 28,99%) e per un pelo Cattolica (31,91% contro 31,15%).
In Emilia-Romagna quel 29,99% è la percentuale più bassa conquistata dal Pd, oltre sette punti percentuali inferiore alla media regionale. Allo stesso tempo, è qui che il Movimento 5 Stelle porta a casa la quota più alta in regione: 30,69% contro una media del 24,64%. E nel Comune capoluogo, dove il Pd mantiene ancora il primato nonostante i 10 punti in meno rispetto alle politiche del 2008, quei 25.308 voti ottenuti dai “grillini” arrivano proprio dalla somma dei voti persi per la strada in cinque anni da Pd (-10.009) e Pdl (-14.808).
Si potrebbe andare avanti, ma la sostanza non cambia: l’onda grillina sembra inarrestabile più che altrove e a farne le spese più di altri sono i Democratici. Considerata la tornata comunale del 2014, diversi sindaci tremano già. Di fronte alla “netta vittoria dei 5 Stelle” e alla “netta sconfitta del Pd riminese”, il gruppo consiliare di Sel e Fare Comune ha già chiesto al sindaco del capoluogo Andrea Gnassi (eletto nel 2011) di dimettersi entro la fine dell’anno “per poter andare ad elezioni comunali anticipate l’anno prossimo insieme agli altri Comuni della provincia”. Come dire, complice la scomparsa di quella che una volta si chiamava sinistra radicale, avete la maggioranza dentro il palazzo ma non ce l’avete più fuori.
I maliziosi collegano gli scarsi risultati del Pd al fatto che da un po’ manchi una guida come si deve al partito: basti pensare che il segretario provinciale Emma Petitti è appena stata eletta alla Camera (in compagnia dell’ex assessore Tiziano Arlotti) e da tempo sia ormai proiettata su Roma, mentre il segretario comunale di Rimini, il giovane Federico Berlini, ultimamente sembra sempre più in disparte. In attesa della riunione dei segretari dell’Emilia-Romagna giovedì nella sede del Pd regionale a Bologna per definire tempi e modi dei prossimi congressi, si resta nel limbo.
La profezia, allora, la lancia il sindaco di Forlì Roberto Balzani, renziano e professore di storia non da oggi interessato a quel che il Pd combina in Romagna e nel resto della regione. “Il grande cambio elettorale del 2013- sentenzia il sindaco forlivese via Facebook- lascia intravedere uno scenario prossimo venturo nel quale saranno i grillini a contendere al centrosinistra le città emiliano-romagnole. A partire da Rimini. Parma, adesso lo si vede, è stata una prova generale, un modello. Ora si replica. A fronte di ciò sta un centrosinistra che manca per l’ennesima volta il suo appuntamento con la storia, dopo il 1976, dopo il 1984, dopo il 1994, ecc. Il ‘blocco socialdemocratico’, per dirla all’europea, pesa in Italia- è l’attacco di Balzani alla linea bersaniana- al massimo un terzo dell’elettorato. Gli analisti lo sanno da sempre. Pensare di poterlo incrementare in assenza di una politica spinta di spesa pubblica, era pura follia. E infatti ecco il risultato”.
Sembra d’accordo, a distanza, il probabile successore di Petitti, l’assessore provinciale al Turismo Fabio Galli: “Io credo che molto cambierà nel Pd, almeno lo spero. Posso solo dire che nel mio piccolo mi adopererò per questo, spero che in tanti lo facciano senza stare solo a guardare dalla finestra”, scrive Galli ancora su Facebook.
In tutto questo, Petitti minimizza (“È innegabile che ci aspettavamo di più, ma non mi interessa, perché non ha senso, fare adesso della storia controfattuale”) e ragiona già da deputato: “Il primo errore dal mio punto di vista sarebbe quello di pensare ad una grande coalizione senza Grillo. Sarebbe un vero e proprio suicidio politico”.