Dopo la stupore, la paura: “L’Europa trema, ma la Merkel è calma”, scrive il tedesco Handelsblatt. E non si capisce bene se noi dobbiamo esserne tranquilli o avvertire una minaccia. Mentre il Papa – sempre un tedesco di mezzo! – spodesta l’Italia dalle home page dei media internazionali con la sua ultima udienza, la stampa estera, che aveva inizialmente puntato sulla risurrezione del Cavaliere, esplora l’ascesa del comico e il suo impatto sull’Italia e sull’Europa, specie sull’euro. Beppe Grillo sorprende e preoccupa, ma è spesso visto con simpatia perché rappresenta la spinta anti-casta e perché dà forza parlamentare a movimenti finora rimasti nelle piazze, come quello degli indignados.
Mentre Bill Emmott, e molti altri con lui, si domanda sulla Cnn perché l’Italia continui a votare Silvio Berlusconi, la Bild tedesca pone un quesito comune a gran parte dell’Europa luterana e benpensante: “I due clown della politica italiana distruggeranno l’euro?”.
Dietro l’ostilità per Mr B. e la diffidenza per Grillo, il minimo comune denominatore di un sospetto, nei confronti dell’Italia post voto: la tentazione della scorciatoia: la voglia di fare i furbi, di sottrarsi agli impegni, di abbandonare l’euro. Se l’M5S coagula la protesta e l’angoscia di chi non è contento del presente e non ha prospettive per il futuro, i suffragi per Berlusconi testimoniano che persiste un’Italia che aspira ad emulare chi evade il fisco e chi ‘imbobina’ il prossimo con promesse non mantenute e falsi miti.
E la Faz mette il naso in casa del Pd, suggerendo l’antitesi Bersani Caino/Renzi Abele –addirittura, il sindaco di Firenze sarebbe “sulle tracce di Obama”-: “la notoriamente autodistruttiva sinistra italiana ha preferito una campagna guidata da un vecchio noioso a una di rottura non ideologica”, regalando così la vittoria agli avversari. Pure in questo caso, sentenzia il giornale di Francoforte,“ha vinto la chiusura alla realtà moderna”.
Le incertezze italiane ridanno slancio a leghismi europei. Il Times di Londra, che non è certo latore d’istanze europeiste, lancia l’idea di un’alleanza del Nord tra Gran Bretagna e Germania: Londra e Berlino l’hanno appena spuntata sui tagli al bilancio dell’Ue, possono proseguire insieme sulla via “del rigore e delle riforme”. Quello che non si capisce è perché gli altri, tranne magari i nordici e l’Olanda, dovrebbero mai andare loro dietro.
Intanto, riparte il flipper della diplomazia: il presidente Napolitano è in Germania, dove non vedrà, però, il leader dell’Spd Peer Steinbrueck, che critica “i clown italiani” –la Merkel, invece, si dice pronta a lavorare con il prossimo governo italiano, quale che sia-; il premier Monti è a Bruxelles, dove incontra il presidente della Commissione europea Manuel Barroso; e il segretario di Stato Usa John Kerry è a Roma.
Tornano in scena le agenzie di rating. Moody’s è la prima a fare l’uovo: dice che il rating dell’Italia è a rischio perché l’esito del voto accresce l’incertezza e mette a rischio le riforme, esprime timori di un ritorno alle urne e di un contagio dell’eurozona. Le borse sono caute, lo spread resta alto, ma l’asta dei Btp va bene. Come al solito, tutto è il contrario di tutto: alla finanza, e ai mercati, quel che importa è guadagnare subito. Il resto non conta.