“Siamo una cooperativa onlus: il nostro compito è fare accoglienza, non butteremo fuori nessuno”. È netta la posizione sulla scadenza della proroga per “l’emergenza Nord Africa” di Silvana Perrone, membro della cooperativa sociale l’Isola di Ariel e responsabile del residence che a Torino, in Via Aquila 21, accoglie quasi 200 rifugiati. Dal primo di marzo, infatti, terminerà il progetto di accoglienza per i rifugiati e richiedenti asilo politico, quasi ventimila in tutta Italia, sbarcati sulle nostre coste nel 2011 in fuga dalla guerra libica. Gestita inizialmente dalla Protezione Civile, l’emergenza ha già subito due proroghe, una a giugno e l’altra a fine dicembre 2012: ora molte famiglie rischiano di finire per la strada da un giorno all’altro e chi aveva iniziato un percorso di integrazione teme di veder sfumare l’unica opportunità faticosamente costruita. Come Omar, 21 anni, ghanese, che sta per finire un corso professionale nel settore della ristorazione. O Ubax, ventenne somala, madre di una bambina di un anno, che non ha nessuno che la possa aiutare e chiede documenti e un lavoro perché la “buonuscita” di 500 euro non basta per garantirle alcuna sussistenza. E senza soldi potrebbe non riuscire a sfruttare nemmeno il titolo di viaggio, equivalente a un passaporto, che le verrà presto consegnato  di Matteo Corgnati

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