Tecnico, governissimo, esecutivo di minoranza. Gli scenari sono diversi. Ma tutti, più o meno, senza grande sbocco. A partire dal famoso “governo di minoranza”. Stefano Ceccanti: “Se i grillini dovessero uscire dall'aula tutti gli altri dovrebbero restare per garantire il quorum". In realtà, un'ipotesi esisterebbe...
E se, alla fine, Grillo decidesse davvero di appoggiare Bersani, ma solo dall’esterno, come potrebbe concretizzarsi la sua “stampella”? I cavalieri stellati dell’ex comico sono digiuni di regolamenti parlamentari ma una cosa sembrano averla abbastanza chiara: i giochi stavolta si faranno tutti al Senato. E’ lì che non c’è la maggioranza e che il loro voto potrà fare la differenza. A partire proprio dalla fiducia al prossimo governo.
Dove gli scenari sono diversi. Ma tutti, più o meno, senza grande sbocco. A partire dal famoso “governo di minoranza”. Per riuscire a dar vita a questo genere di esecutivo, si è obbligati ad un accordo preventivo esplicito con altre forze politiche che accettino, pur non facendo parte del governo, quanto meno di non far partecipare al voto i propri senatori. Il nodo sta lì. Ecco perchè nei giorni scorsi si era ipotizzato che i grillini, al momento del voto del nuovo governo Bersani, potessero uscire dall’aula, facendo abbassare il quorum necessario alla fiducia (158 a pieno regime) e in questo modo consentendo al leader Pd di fa passare la pratica solo con i (pochi) voti di Monti (119+18). Questa mossa, poi, i grillini sarebbero chiamati a ripeterla ad ogni fiducia posta dal governo in Senato, un affare davvero lontano dagli schemi mentali dei giovani “stellati” che mai vorrebbero incorrere in accuse di protagonismo dei giochi di palazzo. Detto questo, comunque, all’appello di un possibile governo di minoranza manca il principale asse portante, un accordo politico solido tra le parti “in commedia”. “Se i grillini dovessero uscire dall’aula – sostiene l’ex senatore Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti – tutti gli altri dovrebbero restare per garantire il quorum, pur votando in modo contrario, ma io ho l’impressione che con i grillini si allontanerebbero dall’aula anche gli uomini del Cavaliere; per quale motivo Berlusconi dovrebbe fare un piacere del genere a Bersani?”. Già, perchè? In realtà i numeri dicono che bastano 16 eletti del M5S che restano in aula votando contro (con tutti gli altri senatori fuori) per garantire il numero legale.
Difficile, poi, che si verifichi anche l’altra eventualità, ossia che si trovi una maggioranza Pd -Pdl sotto la regia di Bersani premier. Per il leader Pd sarebbe impossibile portare avanti alcune delle leggi promesse durante la campagna elettorale, a partire da quella del conflitto d’interessi, perchè il Pdl lo terrebbe costantemente in ostaggio. Concretamente, sarebbe quanto meno azzardato per i democratici pensare di poter contare in modo certo sulla sponda grillina anche su alcuni temi cari ai 5 Stelle, visto che qualcuno immagina di poter utilizzare il “modello Sicilia” nel Parlamento nazionale. Sul conflitto d’interessi, infatti, senz’altro Pd e 5 Stelle potrebbero trovare convergenza, approvando anche da soli l’eventuale articolato (119+55), ma poi il centrodestra potrebbe voltare le spalle a Bersani alla prima occasione utile, facendo cadere il governo anche per semplice vendetta. Per non parlare, poi, di quello che il Cavaliere chiederebbe a Bersani per tenere in piedi il governo; come minimo la presidenza del Senato e Gianni letta al Quirinale. Un prezzo un po’ troppo alto anche per chi, come Bersani, è sia uomo di lotta che di governo.
Insomma, comunque la si giri con questi numeri, la via d’uscita più “semplice” è un governo tecnico, un Monti senza Monti, che – a quanto si sostiene in Parlamento – è già da giorni all’attenzione di Napolitano come via d’uscita davanti all’impossibilità di comporre un governo di grande coalizione. Il governo tecnico avrebbe il pregio di riscuotere un placet dal Pd, dal Pdl e da Monti, e lascerebbe ai grillini la possibilità di votare solo i provvedimenti coerenti alla linea del Movimento pur restando quei “duri e puri” capaci di capitalizzare e polarizzare ancora di più il dissenso delle masse nelle prossime elezioni (a breve). Sui nomi in lizza per ricoprire il (non) ambito incarico di Presidente del Consiglio in questa fase, il primo resta quello di Giuliano Amato seguito a stretto giro da Corrado Passera e da Anna Maria Cancellieri. Che, a quanto se ne sa, dovrebbe mettere in cima alla nuova agenda il cambiamento della legge elettorale e il taglio ai privilegi parlamentari, cose che non sono state possibili nei precedenti cinque anni della legislatura, figurarsi dunque in un anno e mezzo…