La richiesta del pm Russo dopo la denuncia presentata la scorsa estate da alcuni soci di minoranza che avevano segnalato presunte irregolarità degli amministratori a danno dell'azienda nell'acquisizione di Lactalis Usa con la metà del tesoretto di 1,5 miliardi accumulato durante la gestione Bondi
Revoca del Cda di Parmalat e nomina di un amministratore giudiziario. È questa la richiesta avanzata dalla Procura di Parma nell’ambito del procedimento civile aperto nei confronti del gruppo di Collecchio dopo una denuncia presentata la scorsa estate da alcuni soci di minoranza.
Nel mirino l’acquisizione dell’azienda americana Lactalis Usa (Lag) da parte di Parmalat. Un’operazione costata 960 milioni di dollari, che ha portato il gruppo a cedere di fatto a Lag quasi metà del tesoretto di 1,5 miliardi di euro accumulato durante la gestione di Enrico Bondi. I soci di minoranza avevano puntato il dito su presunte irregolarità da parte degli amministratori, che avrebbero agito a danno dell’azienda e non nell’interesse del gruppo.
Con il procedimento avviato ai sensi dell’articolo 2409 del codice civile il Tribunale di Parma doveva decidere se dare il via libera a un’ispezione nella sede per verificare la correttezza dell’operazione, ma nel corso dell’ultima udienza la richiesta della Procura è andata oltre. Il pm Lucia Russo, dopo la presentazione della denuncia degli azionisti, ha presentato l’istanza di revoca dell’intero Cda di Parmalat e la nomina di un amministratore giudiziario che gestisca il gruppo per quattro o cinque mesi. Con la richiesta (prevista sempre dall’articolo 2409) in pratica, l’azienda sarebbe commissariata per un tempo determinato per consentire di verificare le irregolarità finite nel mirino dell’accusa e rimettere in discussione l’operazione Lag.
Come ha spiegato il procuratore capo Gerardo Laguardia, il periodo sarebbe infatti necessario “per esprimere le operazioni che consentano di arrivare alla dichiarazione di nullità o all’annullamento del contratto di acquisizione di Lactalis Usa”.
Ad accogliere la notizia nell’aula di Corte d’assise blindata di fronte al giudice Roberto Piscopo, è stato il presidente di Parmalat Franco Tatò, che all’uscita dal tribunale non ha voluto rilasciare dichiarazioni sulla vicenda. A margine dell’udienza, Tatò aveva invece smentito alcune voci di un’ipotesi di uscita dalla Borsa del gruppo di Collecchio. Venerdì è stata fissata la prosecuzione dell’udienza per dare modo di parlare a tutte le parti, ma la decisione del giudice sarà comunicata nei prossimi giorni, con il deposito del provvedimento.
L’acquisizione da parte di Parmalat dell’americana Lag ha già fatto finire il gruppo sotto la lente di ingrandimento della magistratura. Sull’operazione “infragruppo” c’è un fascicolo aperto che vede in tutto sei indagati tra i vertici di Parmalat (oltre al presidente Tatò, nel registro ci sono i nomi dell’amministratore delegato di Parmalat Yvon Guérin, il direttore generale operativo Antonio Vanoli e gli amministratori Francesco Gatti, Marco Reboa e Antonio Sala). Il reato ipotizzato è di appropriazione indebita aggravata con le due aggravanti di abuso di prestazione d’opera e danno patrimoniale grave.
A dicembre la Guardia di Finanza di Parma e il Nucleo di polizia tributaria di Bologna avevano fatto un blitz nelle sedi di Collecchio e di Milano del gruppo e avevano acquisito documenti cartacei e informatici, estendendo le perquisizioni anche alle sedi di Lactalis Italia e Mediobanca-Banca Credito Finanziario, della società Pricewaterhouse Coopers, che si è occupata della revisione dei bilanci di Parmalat, e dello studio legale Durso Gatti e Bianchi, che ha seguito l’operazione dal punto di vista legale.