Cinema

Spring breaker, il racconto “pop” dei giovani Usa sedotti dalla violenza

“Ho collezionato immagini di spring break per anni” dice Harmony Korine, regista 40enne: “E’ un rito di passaggio durante il quale i ragazzi americani vanno solitamente in Florida e lì spaccano, bruciano, scopano, vomitano e leccano di tutto. Poi riprendono la macchina, tornano a casa e fanno finta di niente”. Nel cast James Franco

di Badgames.it per il Fatto

“Ho collezionato immagini di spring break per anni” è la prima risposta di Harmony Korine, regista 40enne fuoriuscito dal cinema indie statunitense (e noto per pellicole ben più austere) che ha girato uno dei film più forti e dirompenti della stagione, Spring Breakers – Una Vacanza da Sballo (in uscita il 7 marzo ma già passato al Festival di Venezia), in cui espone una visione molto chiara su questa festa: “E’ un rito di passaggio durante il quale i ragazzi americani vanno solitamente in Florida e lì spaccano, bruciano, scopano, vomitano e leccano di tutto. Poi riprendono la macchina, tornano a casa e fanno finta di niente”.

La storia è quella di quattro ragazze in apparenza comuni, solo mediamente più attraenti, che decidono di godersi al massimo il loro spring break e, senza aver mai fatto cose come derubare un negozio per procurarsi i soldi da spendere durante la vacanza. Quest’atto segna l’inizio di un delirio di colori caramellosi, musica pop al massimo ed eccessi sessual-alcolico-stupefacenti, nel quale si inserisce quasi subito un gangster bianco che si atteggia da nero interpretato da James Franco.

“Volevo che fosse un poema pop dai colori accesi, che sono poi gli stessi presenti in queste feste” spiega sempre Harmony Korine, “un film caramelloso, in cui la patologia dei personaggi fosse la confettura liquida che si può toccare in superficie”. Quello che emerge molto forte dal film è come la furia di divertimento, il desiderio di perdersi nel sesso e nell’esigenza estrema di fare festa sia fortemente correlata alla violenza, mentale e fisica: “Questo tipo di atteggiamento è strettamente legato al mio paese. E il mio paese è anche una nazione che è fondata sulla violenza, sui gangster”.

Fatto appositamente per essere rifiutato da chi non ha piacere a essere disturbato o per essere accolto a braccia aperte da chi invece è affascinato dal fenomeno tutto americano del divertimento estremo, spinto al massimo e isolato in un breve periodo di tempo e in uno spazio preciso, Spring Breakers gioca molto a sovvertire stereotipi e ribaltare le aspettative. Nel film infatti molti brani di musica pop, molti colori accesi e molti simboli commerciali sono usati per generare contrasto con la violenza e gli eccessi che si vedono, e alla fine anche le protagoniste stesse vengono utilizzate in questa chiave: angioletti dal volto pulito solitamente viste in tranquille commedie per ragazzi, che qui fanno di tutto.

Si tratta infatti di (tra le altre) Vanessa Hudgens, Selenza Gomez e Ashley Benson, star di film per famiglie, in alcuni casi volti del Disney Channel, idoli clamorosi tutte acqua, sapone e lecca lecca, ottime per un pubblico minorenne perché rassicuranti per i loro genitori, inserite ora in un film tra i meno rassicuranti in assoluto. Ai fan delle attrici in questione Spring Breakers probabilmente non piacerà, ma di certo gli farà bene avere un altro punto di vista sulla retorica delle immagini tutto divertimento e culto del corpo. Anche se Vanessa Hudgens la pensa diversamente: “Secondo me lo dovrebbero vedere, ne usciranno più potenti!” e poi rincara la dose senza temere paragoni audaci: “E’ uno Scarface moderno”.

A cura di Gabriele Niola

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