Bersani, Grillo e il dilemma che non c’è
Dunque, ricapitolando. Non ha alcun senso parlare di “elezioni clamorose”: sono state elezioni prevedibilissime, che hanno stupito unicamente chi non ha – da decenni – il polso minimo della situazione (quindi quasi tutto il centrosinistra, house organ compresi). Nel Pd sono ancora dentro Ecce bombo: aspettano l’alba da una parte, e quella sorge puntualmente dall’altra.
Beppe Grillo si sta togliendo montagne di sassolini dalle scarpe, ricordando ai troppi fenomeni del Pd che questa è la Terra e non Plutone. Ci sta: la stampa riformista-cerchiobottista-piddina ha sparso su Grillo e grillini una quintalata tale di sterco che reagire con sentimenti di rivalsa dialettica è il minimo sindacale. Figuriamoci poi per Grillo, uno che fa meno fatica a sfancularti che a respirare. Essere corteggiati – “Dai, fate un governo con noi, in fondo vi vogliamo bene” – dalle stesse persone che fino a ieri ti definivano “fassista del web” e “amico di Casa Pound”, solo perché ne hanno il bisogno numerico, è vagamente insopportabile. Capisco i grillini: quelli del Pd dovevano pensarci prima. Vero. Poi però infierire sui Fassino e i Boccia è stancante. E più che altro – dopo un po’: all’inizio è divertentissimo – inutile.
Quindi: che fare? Uhm. Dire di no a prescindere al Pd è un errore, che aiuta il Pd e riverbera l’idea deviata che M5S sappia solo criticare. Paragonare il Parlamento alla Sicilia, come fanno in molti, è – in parte – sbagliato: Crocetta ha potuto governare senza troppi battesimi ufficiali, mentre in Parlamento serve la fiducia, altrimenti non c’è governo (o c’è ma Pd-Pdl: orrore). Se Grillo vuole approvare le leggi di volta in volta, deve prima far sì che le leggi qualcuno le proponga. Altrimenti non c’è nulla da approvare o rifiutare. Uscire dal Senato quando verrà data la fiducia non basta: se escono quelli del M5S, lo fanno anche nel Pdl e salta il numero legale.
Dentro il movimento c’è chi è possibilista e chi no. Naturale non fidarsi del Pd, perché ha sbagliato tutto ed è composto quasi sempre da dirigenti ora incapaci e ora in malafede (o entrambe le cose). Siamo di fronte al peggiore centrosinistra d’Europa, una sciagura biblica che ha permesso il proliferare dell’improponibile Berlusconi (e il successo di M5S). Nessun paese si merita condanne simili. Nemmeno noi.
Però Carisma Bersani – quello che “Vinceremo di sicuro, lo smacchiamo noi il giaguaro” – è alla canna del gas: o si aggrappa a Grillo, o muore politicamente. Per questo il M5S dovrebbe aspettare la proposta. Grillo non lo ammetterà mai, ma sperava che il centrosinistra avesse la maggioranza anche al Senato: gli avrebbe creato meno problemi (e meno responsabilità). Probabilmente sperava anche in qualche voto in meno.
Dire di “no” a prescindere fa vincere il Premio Duri & Puri, ma non serve a una beata ceppa. E allora: Bersani e il Pd facciano la loro mossa. Se le dichiarazioni programmatiche saranno deludenti, come ampiamente verosimile, il M5S potrà dire no e permettere a D’Alema di inciuciare perversamente con Capezzone (il loro sogno eterno). Ma se il Pd e il centrosinistra, come auspica Vendola, verranno davvero – e clamorosamente – incontro a M5S in 3/4 punti chiave, ripetere il “no” o negare la fiducia per un “eccesso di purezza” equivarrà a una sciocchezza. Non ingigantiamo ‘sta storia della fiducia, cari parlamentari 5 Stelle: se il progetto vi piace la date, se non vi piace non la date. Vediamo di non farla cadere troppo dall’alto, su.
Un governo a progetto di 6 mesi/1 anno ben fatto – ipotetica ardita del terzo tipo, lo so – permetterebbe al Pd di fare finalmente qualcosa di buono e al M5S di dimostrare che non sa solo dire no: ne guadagnerebbero tutti (Italia per prima). E poi al voto.
Per dire “no” c’è tempo. Sostenere che chi firma l’appello alla fiducia è “un infiltrato” fa ridere. Può esserlo chi ha promosso la petizione, non chi la sta firmando: rispetto, Grillo. Rispetto. Urlare adesso “siete morti, fottetevi” è un autogol. Anzi, e peggio: è una mossa politichese – “Li costringo all’inciucio e mi faccio bello, così tra un anno incasso il boom definitivo alle urne” – per condurre alla morte gli avversari, sì, ma probabilmente pure il paese.
Il Movimento 5 Stelle può dimostrarsi lucido e concreto senza perdere in coerenza. Se costringesse il Pd a fare una buona legge elettorale e (per citare un altro esempio) una seria norma che regoli il conflitto di interessi, nessuno li riterrebbe traditori o “fiancheggiatori della Casta”. Se poi il Pd deluderà, ci sarà tempo per scoprirlo e ribadirlo (una volta di più).
E’ l’unica strada attuabile. Provateci. E poche pippe mentali.
P.S. Molti, tra le file del Pd, accusano i 5 Stelle di infierire sul Pd dimenticandosi di Berlusconi. Al contrario: il centrodestra – questo centrodestra – è di default irricevibile. Neanche c’è bisogno di ripeterlo. Vogliamo ripetere che la De Micheli è migliore della Santanchè? Okay, ripetiamolo. Ma – e qui sta la novità che nel Pd devono ancora capire – il “meno peggio” non basta più. Votare per forza il centrosinistra è un teorema caro ai Nanni Moretti e ai Gad Lerner: “si critica, ci si arrabbia, ma poi alla fine tutti fedeli alla linea”. Ecco: in tanti, di questo modo di ragionare, si sono stancati. Da almeno sette anni. Sveglia, pseudo-compagni.